La nostra è un'associazione di volontari che si occupa di mobilità, di turismo e di sostenibilità in ambito dolomitico e alpino. Non una visione puntuale, ma una visione di rete. Sono di Bolzano, di madrelingua ladina, lavoro in Trentino, ho lavorato anche in Sudtirolo: sono transfrontaliero. Non sono architetto, né ingegnere, sono un cuoco. Mi sono accorto in questa esperienza pluridecennale di presidenza di Transdolomites che proprio i cuochi sono una nuova figura che si sta inserendo in questo contesto, perché comunque preoccuparsi anche del futuro del turismo oltre che spadellare, ritengo sia una cosa di coscienza.
Sono contento che in questa mattinata il ruolo del visionario sia visto in modo positivo. Nei tempi passati essere sognatore era più dispregiativo. Ma se non abbiamo una visione del futuro che va oltre qualche anno, non andiamo da nessuna parte, continuiamo a sprecare enormi risorse, senza dare un futuro ai territori. Un futuro che deve andare oltre la nostra vita biologica. Il ruolo di uno statista non è guardare solo al domani.
Il visionario è molto più realista di chi alza la mano e dice “non facciamo niente”. Voglio portare qui l'idea della Saint Moritz-Venezia, la Svizzera aveva portato una visione delle ferrovie alpine, aveva insegnato la cultura del turismo, e anche il fatto che la mobilità su ferro era il futuro. Già nel 1910 c'era l'idea di una rete ferroviaria: c'erano idee, c'era ambizione di crescere, perché in montagna c'era la miseria, c'era la fame. Non c'erano soldi, ma c'era una volontà politica che dava carburante a grandi visioni. Una parte di quella rete è stata realizzata: oggi una parte sopravvive, un'altra parte è stata dismessa. Ora pensiamo a come sono i centri alpini, con una bolgia di traffico. E in questo caos collassa anche il trasporto pubblico: chi lo usa rischia di essere un idealista, e di essere rallentato.
Il trasporto va riorganizzato, reso più efficiente. Quello che viaggia su strada è inefficiente, occupa suolo, porta poche persone, occupa tante risorse. Con le soluzioni di trasporto collettivo riusciamo a organizzare il trasporto in modo più ordinato e a liberare il territorio. È anche un modo di godere diversamente del paesaggio, perché la ferrovia non va considerata solo come infrastruttura. Se guardiamo all'infrastruttura come a un indotto importante il contesto del paesaggio acquista un godimento diverso. Si pensi alla Ferrovia Retica, patrimonio mondiale dell'umanità: togliendo il ponte quel territorio sarebbe anonimo. Il ragionamento deve andare molto oltre il concetto di infrastruttura. Quello che viaggia sui binari è qualcosa di emozionante, ed è l'emozione del viaggio che fa la differenza in un territorio. La sfida è connettere in modo efficiente i territori europei, per far crescere il turismo europeo, uniformando anche i regolamenti nazionali. Ai giovani dico che il cambiamento passa tra di loro: dal 2011 al 2021 tra gli under 25 il mercato auto è crollato del 50%. Sempre più giovani rinunciano a fare la patente, e il concetto di possesso dell'auto sta cambiando, si guarda a modelli di auto condivise. Ci stiamo orientando verso delle generazioni che avranno sempre meno auto: turisticamente parlando, per portarli da noi, dobbiamo creare delle corsie preferenziali capaci di portare i visitatori a destinazione. Non per avere più turismo, ma per fare un travaso di quel turismo che oggi viaggia su gomma, e che domani viaggerà sui trasporti pubblici (su ferro, su fune e per l'ultimo miglio su gomma).