Nel momento in cui parliamo di inclusività facciamo riferimento a qualcuno che è diverso. Se devo includere delle persone che hanno una disabilità le devo includere in qualcosa che è diverso da loro. Allo stesso modo quando siamo partiti 10 anni fa con il nostro progetto, abbiamo detto includiamo i biker, le famiglie, chi va in vacanza con il cane, e quindi abbiamo pensato di eliminare il termine “inclusività”. Un termine che crea delle differenze, che crea delle barriere culturali. Siamo partiti da un obiettivo, quello di creare una destinazione in cui non dobbiamo più parlare di persone che hanno una disabilità o di inclusività. Ci abbiamo messo 10 anni, è stato un percorso lungo per far capire che chi ha un problema fisico o mentale ha semplicemente delle esigenze particolari, come ce le hanno le mamme con il passeggino, come le ha il biker che viene a pedalare sul nostro territorio, e così via.
In questi 10 anni abbiamo lavorato moltissimo per rendere fruibile il prodotto turistico esistente a tutte queste persone. Lo abbiamo fatto partendo dalla stagione invernale, soprattutto con delle attenzioni a livello di skiarea, attraverso per esempio un partner tecnico come la scuola di sci Scie Di Passione che si è dotata di tutti gli ausili di cui queste persone hanno bisogno. Ma non è niente di più né niente meno di un noleggiosci normale. Le persone che hanno disabilità hanno bisogno di un ausilio particolare, di un dual o di un monosci, oppure di un maestro di sci per ipovedenti o non vedenti, e via dicendo per tutti i casi di disabilità. La difficoltà in questi casi è quella di non poter standardizzare molto, così come facciamo invece per altri cluster di ospiti. Ma anche in questo sta la sfida, e negli anni ci sono state tante soddisfazioni, soprattutto quella di vedere gli altri ospiti che non guardano a questi ospiti come degli “inclusi”. Per raggiungere questo sogno serviva una visione giusta, anche perché questo tema ha molte sfaccettature delicate, e perché bisogna avere delle professionalità molto alte, perché non si può improvvisare.
Tutto quello che è stato il know how acquisito sull'inverno nei primi 6 anni l'abbiamo poi portato sul prodotto estivo, sul bike e sul trekking. Quando si parla di accessibilità dei territori turistici quello dell'albergo è l'ultimo dei problemi. Non è sbandierando una struttura che si crea accessibilità in un territorio. Serve la cultura dell'accessibilità, servono professionisti in grado di fornire il servizio nella maniera corretta, e non è né più né meno di quello che facciamo quotidianamente per rispondere alle esigenze degli altri turisti. È un percorso che aiuta a comprendere come in questa visione, quando pensiamo alle cose, non dobbiamo pensarle e poi renderle inclusive, dovremmo fare da subito le cose affinché siano accessibili per tutti.