Quest'anno ho provato a fare un gioco, appuntandomi le parole che uscivano durante queste giornate molto intense. E quindi propongo 8 parole chiave più una, per raccontare quanto è emerso, e per provare a descrivere chi siamo e dove possiamo andare nel prossimo futuro. Poi capiremo perché ce n'è una diversa dalle altre.
Mosaico: le montagne sono un mosaico. Un mosaico paesaggistico, culturale, di tradizioni, di pratiche, di gusti, di comunità. All'interno di questo mosaico dobbiamo trovare un quadro di riferimento, il territorio di montagna deve avere la forza e il coraggio di lavorare sulla molteplicità di vocazioni e di identità. Una sorta di sistema di ecosistemi, per rubare un concetto al mondo naturalistico.
Bellezza: è uno degli input dal punto di vista della percezione che ci unisce al contesto in cui siamo. La bellezza come richiamo, come luogo in cui ci si può identificare, la bellezza come progettualità dentro la quale costruire sistemi di senso personale, comunitario, sociale, collettivo. La bellezza come elemento che ci unisce: quando siamo di fronte a un bel paesaggio, che ci ispira, ci troviamo uniti in una stessa emozione. È il medium nel quale possiamo trovare un rapporto con quello che ci circonda, e il turismo deve lavorare anche su questa parola, senza averne paura.
Emozione: l'emozione è quello che ci lega a un contesto, a un'esperienza, a una storia, al contesto, a una progettualità collettiva. Siamo comunità, siamo popolo, siamo borgo, siamo città quando siamo uniti dentro a un contesto progettuale, che condividiamo e che portiamo avanti. L'emozione diventa il trait d'union che ci unisce a queste pratiche. E chi si occupa di turismo deve lavorare su questo, per creare una comunicazione che sia efficace.
Consapevolezza: vista da più punti di vista. Quella di essere in un contesto fragile, delicato, bello, ma anche consapevolezza che stiamo attraversando un momento difficile, con diverse crisi, da quella ecologica a quella sociopolitica, per arrivare alle crisi identitarie e di senso. Essere consapevoli di questo contesto nel quale operiamo ci rende più forti e più credibili anche sul mercato internazionale e rispetto alla proposta che facciamo.
Narrazione: abbiamo bisogno di storie, di racconti, dobbiamo fare in modo che tutto ciò che avviene su un territorio, e che diventa prodotto turistico, sia in qualche modo gestito e governato da un racconto, che è quello che ci lega ai simbolismi arcani, che ci aiuta a essere parte di una storia più articolata. È quello che innesca in noi la forza di immaginare. La narrazione è quello che trasforma un oggetto inanimato o un'esperienza che sembra semplice in qualcosa che diventa pervasivo nel nostro ricordo, e che diventa a sua volta narrazione nei confronti delle persone con cui ci confrontiamo.
Lentezza: il mondo del turismo ha bisogno di una certa velocità di connessione internazionale, e poi di un cambio di marcia per quanto riguarda la fruizione locale. Veloci nel grande e lenti nel piccolo, potrebbe essere questo lo slogan: per assaporare il paesaggio, per riconnetterci con noi stessi, per diventare parte del tutto in cui siamo. Dobbiamo dedicare a noi stessi anche il lusso di essere lenti e, se vogliamo, sconnessi dalla velocità delle reti e della contemporaneità, per assaporare il meglio che i territori montani possono offrire.
Diversificazione: dobbiamo, come territorio turistico, diversificarci da tutto il mondo, che sta andando verso l'omologazione. I sapori, gli oggetti, le esperienze e i filtri di Instagram ci stanno portando sempre più verso dei binari che ci rendono uguali. Probabilmente i territori più intelligenti sono quelli che riescono a lavorare su questa diversità, che riescono a essere depositari di un'esperienza unica, che a quel punto diventa qualcosa di straordinario anche dal punto di vista globale. Ci sono delle buone pratiche nei territori di montagna che sono straordinarie, e questo è sicuramente un aspetto cruciale che ci permette di essere molto competitivi sul mercato internazionale.
Desiderabilità: l'amore è il desiderio di un completamento, di un'assenza, di qualcosa che deve essere raggiunta. Il nostro rapporto con il mondo turistico, con il paesaggio, con le tradizioni locali, deve essere in qualche modo costruito sul bisogno di essere desiderabile, di avere una voglia intensa di raggiungere quegli spazi e di vivere quell'esperienza. E anche di riviverli: si dice“ci devo tornare” quando il desiderio deve essere ancora colmato.
Utopia: l'ultima parola chiave, diversa dalle altre, una parola molto impegnativa. Credo che in qualche modo ne abbiamo bisogno: stiamo vivendo un momento in cui tutto è cambiato. Il Covid ci ha insegnato che c'è un prima e un dopo. Oggi dobbiamo guardare oltre, vivere quel senso di sana utopia che ci permette di immaginare diversità di turismo, diversità di fruizioni, a qualcosa di inaudito. Dobbiamo reinventarci, con la capacità di traguardare oltre alla nostra pigrizia e alle formule trite e ritrite. Questa formula sarebbe piaciuta molto al nostro patron Loris Lombardini, che ci stimolava sempre a immaginare modi diversi di fare le cose.