Alessandro Franceschini
Discutiamo insieme quanto emerso in queste tre intense giornate, con una premessa importante: il turismo oggi va molto bene, è un comparto in salute, con il Trentino che si distingue a livello nazionale per qualità e varietà delle offerte. Ma, come detto dall’assessore Roberto Failoni in apertura della BITM, è proprio quando le cose vanno bene che dobbiamo discuterne.
Abbiamo diviso questa edizione in tre stage, con il tema centrale della montagna come opportunità che è stato progressivamente sezionato e affrontato da prospettive diverse. Questo ci aiuta a capire che sul turismo ci sono molteplici modalità di guardare al medesimo tema, ma anche differenti possibilità per creare soluzioni.
Durante la prima giornata, che ha visto come protagonisti i professionisti del futuro, i ragazzi ci hanno fatto capire sostanzialmente due cose: per prima cosa l’importanza di non perdere di vista la capacità visionaria, di essere anche utopici nella nostra visione del futuro, pur partendo da una disincantata analisi delle comunità, evitando per quanto possibile di cadere quindi in cliché; l’altra è quella di una progettualità più immediata, che sappia mettere insieme la fruizione altamente tecnologica, cruciale per i ragazzi, all’esperienza concreta, senza rinunciare cioè a quello che abbiamo definito “profumo dei luoghi”. La tecnologia non va quindi intesa come fine a sé stessa, ma come gate per arrivare a una dimensione autentica. Con queste parole chiave: connessione, realtà, realtà virtuale, esperienza immersiva ed esperienza reale.
Maurizio Rossini
Tutti condividiamo che il momento ideale delle scelte è quando le cose vanno bene. Purtroppo, a volte, è difficile però prendere decisioni in questi istanti, perché la resistenza al cambiamento rimane molto alta. Si ha la sensazione che il modello che paga non vada cambiato. Questo diventa particolarmente difficile quando i cambiamenti impattano sulla comunità. Il singolo imprenditore con le sue visioni del futuro può rimettere in gioco tutto, perché ha l’idea che nei prossimi anni le cose cambieranno, o perché ha individuato un segmento particolarmente interessante.
Quando parliamo di turismo parliamo di comunità, non di qualcosa di artificiale. È qualcosa che ha a che fare concretamente con la vita delle persone di un luogo. Ogni decisione che porta dei cambiamenti impatta così sulla cultura, sul modo di vivere. Sapendo poi che non esiste “un turismo”, non esiste una prospettiva univoca: ce lo siamo detto anche l’anno scorso, già anni fa avevamo dato per morto un certo tipo di turismo, quello delle crociere, che in realtà è ancora vivo, eccome.
Se per turismo intendiamo persone che si spostano ed economie che crescono, ci sono tanti turismi che funzionano. Oggi si muovono nel mondo circa due miliardi di persone, e le stime parlano di un miliardo aggiuntivo nei prossimi anni.
Il turismo impatta fortemente sulla vita delle persone che abitualmente risiedono su quel territorio. È necessario capire se un territorio ha la forza e la capacità di decidere quali sono gli elementi importanti del proprio vivere su quel territorio e capire quindi qual è il turismo compatibile con le proprie scelte di vita. Se si ha questa capacità, allora la prospettiva è quella di avere un turismo florido e di avere una comunità che vive con gioia il territorio. In caso contrario, e lo stiamo vivendo in molte parti del mondo, c’è il rischio di cambiamenti che impattano fortemente sulla comunità. E in molti casi questo corrisponde a scelte che portano parte della comunità a spostarsi altrove; questo vale soprattutto per i giovani.
Spesso c’è una grande attenzione per le ricadute immediate, e si riflette invece poco su quanto ciò che è stato deciso può modificare le cose nel tempo. Capisco che è un elemento difficile, di frequente si sentono frasi del tipo “raccolgo i bisogni e cerco di dare una risposta”. Va bene, anche questo fa parte dell’ascolto e della gestione di una comunità. Ma c’è il rischio che la risposta all’ascolto del bisogno di oggi non tenga conto degli impatti sul futuro. E noi ne cogliamo anche oggi tanti elementi: quando parliamo di gestione dei flussi, dobbiamo sapere che in larga parte questi sono determinati da scelte fatte negli ultimi 30, 40 o 50 anni. La storia non la puoi riavvolgere: puoi solo gestire quello che hai rispetto al futuro.
Oggi il Trentino ha 500mila abitanti circa, ma ha anche 500mila posti letto per non abitanti, ospiti, turisti negli alberghi, seconde case. E non sono distribuiti in modo omogeneo, anzi, sono concentrati in diversi luoghi, con una viabilità che paradossalmente non tiene conto di questi numeri, né del fatto che non determinano flussi costanti, ma che mutano invece secondo certe logiche date dalla stagionalità. E allora dobbiamo dirlo, perché ci vuole l’aiuto di tutti: bisogna prestare grande attenzione allo scenario che dobbiamo disegnare quando una decisione viene presa; perché poi possiamo solo rincorrere quelle decisioni nel tempo, o partire da lì per trovare nuove soluzioni.
Alessandro Franceschini
Questo tema in qualche modo si interfaccia con quanto detto sul tema della tecnologia: il medium tecnologico in realtà è il grande cuscinetto che si interpone tra la comunità locale e il mondo turistico. E questo crea anche delle modificazioni territoriali. Nascono anche altre modalità di accoglienza: penso agli appartamenti privati, ai B&B, che vanno a modificare la realtà.
Quanto margine di lavoro possiamo avere a livello di amministratori? È tutto in mano ai big tech?
Maurizio Rossini
C’è una realtà che è molto evidente. Quando parliamo di hotspot, e quindi di luoghi molto belli che creano flussi molto alti, in gran parte sono generati proprio da quanto hai detto. Ci occupiamo di comunicazione, ma sappiamo benissimo di essere davvero poca cosa rispetto ai milioni di immagini che ogni giorno vengono veicolati attraverso i più diversi dispositivi. Vado in un luogo dolomitico, posto le mie foto, e queste raggiungono migliaia di persone; ciò moltiplica la voglia di andare a vedere quel luogo. Questo non può cambiare, e ci mette di fronte a uno scenario completamente nuovo.
A noi addetti ai lavori fa sorridere la riflessione che molti amici fanno rispetto a un afflusso eccessivo sulle Dolomiti in un certo periodo dell’anno: sembra quasi che ci sia qualcuno nel mondo del turismo che stimola questi afflussi. Ma non lo fa nessuno, chi si occupa di turismo vorrebbe rallentarli; c’è una forza di attrazione straordinaria che, al migliorare della qualità delle immagini, continua a crescere. Quel miliardo di persone che inizieranno a breve a viaggiare – cinesi, indiani, e via dicendo – si muoveranno prima di tutto a partire da quegli hotspot. Del resto, cosa siamo andati a vedere noi quando abbiamo viaggiato in Cina o negli Stati Uniti? La valletta sperduta? Non credo, abbiamo visto quelle cose che nel nostro immaginario erano la Cina, gli Stati Uniti. Il ponte, la cascata, il canyon.
Qui si pone un tema di gestione e di riconoscimento dei flussi, che in gran parte oggi le normative non ci permettono di gestire secondo le nuove modalità. Qui bisogna intervenire su tratti culturali che sono molto radicati. “La montagna è libera”; “posso muovermi secondo le mie esigenze”; e via dicendo. Tutto questo ci porta nella direzione che abbiamo detto prima, con i luoghi belli che saranno sempre più aggrediti da flussi forti e in crescita.
Come le tecnologie possono contribuire a peggiorare questi problemi, possono intervenire anche per migliorare l’informazione, per stimolare una varietà di attività diverse da quelle degli hotspot. La tecnologia può aiutare la destinazione turistica, non credo però che sia sufficiente per risolvere i problemi citati.
Alessandro Franceschini
Il rischio è quello della perdita di senso dei luoghi, ovvero che l’immagine prenda il sopravvento sulla sostanza. Ne ho avuto una sensazione molto chiara una decina d’anni fa negli Stati Uniti, nel Grand Canyon: dei gruppi di turisti giapponesi e coreani, evidentemente più scafati, avevano l’interesse preciso di arrivare in un punto preciso per scattare un’unica foto, con un certo disinteresse per tutto il resto. Come se la meta del viaggio fosse solo quella, con il paesaggio che veniva quasi ridotto a feticcio sullo sfondo: perché a questo punto non vado in un luogo per conoscerlo, quanto invece per fotografare me stesso davanti a quel luogo. E questo penso che crei anche delle discrasie mentali, molto rischiose per l’autenticità dei luoghi, e per il turismo che noi, come territorio di montagna, vorremmo proporre.
Maurizio Rossini
Per questo in questi anni non abbiamo mai accompagnato questo tipo di turismo. Il che non vuol dire che non possa arrivare: se lasci andare il mercato su questo fronte, gli effetti sono evidenti. Abbiamo virato la nostra comunicazione dalla “comunicazione cartolina” al racconto di storie di chi vive il Trentino, rompendo i codici di comunicazione turistica classica, raccogliendo un buon apprezzamento. Siamo dentro all’idea per cui oggi la competizione tra territori oggi non è più per rubarsi il turista, quanto sull’attrazione di lavoratori e di investimenti. Domani sarà una competizione per avere cittadini, per avere dei residenti. Non è una fantasia, è un dibattito molto presente.
Alessandro Franceschini
Gli operatori turistici, nella seconda giornata, si sono concentrati sullo sviluppo sostenibile. Parola passepartout, certo, ma abbiamo avuto l’impressione che le progettualità sul territorio fossero legate a una consapevolezza che questo ingranaggio non fosse più appannaggio di un’élite di persone sensibili al tema dell’ambiente, quanto qualcosa di sostanziale per la costruzione di un business. Abbiamo però capito quanto fosse importante una costante attenzione all’innovazione, quasi fosse utile un’alleanza tra innovatori, che metta insieme visione urbanistica, tutela dell’ambiente e infrastrutture, che prepari il territorio nella sua omogeneità alle nuove sfide. Questo significa abbracciare inediti modelli di gestione, caratterizzati dal valore del limite. Abbiamo visto degli albergatori che hanno delle modalità improntate sul “togliere” dall’offerta per aumentarne il valore: per esempio un menu con solo cinque portate, ma tutte radicate nel territorio. Qui le parole chiave sono innovazione, territorio, pianificazione, ambiente, modelli di gestione, alleanze tra attori.
Maurizio Rossini
Questa scelta dell’albergatore di “ridurre” è sintomatica. Il territorio bello è associato a un turismo di qualità. Ma dobbiamo rimarcarlo una volta in più: non è la località costruita per il turista. Questa cosa è tramontata da anni. Quando parliamo della necessità di avere più biodiversità nelle nostre valli, non è perché vogliamo parlare “contro il turismo”, è perché il turismo di qualità ha bisogno degli altri comparti. Solo così diventa un’esperienza speciale. L’Italia ha il patrimonio culturale più importante al mondo, ma non sono solo i monumenti, è lo stile di vita italiano che è cercato in tutto il mondo. Le botteghe artigiane non sono costruite ad arte, così come non lo sono le imprese agricole. Nell’economia di oggi sono però difficili da mantenere gli alpeggi, le piccole aziende agricole, le piccole botteghe, e via dicendo. Ci vuole una comunità che fa sentire a queste persone quanto sono importanti, tutti i giorni, con comportamenti quotidiani di acquisto e non solo. E se così non sarà, e in larga parte non è, il turismo di qualità mancherà dei suoi aspetti essenziali.
Il patrimonio culturale italiano è lingua, musica, paesaggio, modo di vivere, cibo: tutto questo non deve essere in uno spot, lo si deve avvertire vivendo una comunità tutti i giorni. Questo è un aspetto decisivo, su cui la politica, le istituzioni, le categorie, ogni cittadino dovrebbero lavorare. Perché in quel mondo è bello vivere: in un mondo fortemente concentrato in un unico comparto economico – qualsiasi esso sia – le persone si sentono intrappolate, non è un bel vivere. In una biodiversità economica larga ci sono interessi e linguaggi diversi, e ognuno ne trae spunto per un’innovazione continua.
Alessandro Franceschini
Un mondo in cui è bello vivere: questo ci introduce al terzo stage, in cui abbiamo discusso con la filiera turistica. In particolare, abbiamo provato a parlare di lavoro, un tema molto delicato. L’idea che è emersa è che serva un’azione di sistema, capace di mettere in sinergia il mondo dei lavoratori, quello datoriale e la comunità locale. L'orizzonte plausibile è quello di creare un contesto in cui il lavoratore non si senta parte di un ingranaggio produttivo, ma un elemento cruciale di una comunità turistica, dentro la quale possa realizzare sia la dimensione lavorativa che quella legata alla vita privata. Le parole chiave che abbiamo individuato qui sono comunità, qualità della vita e del lavoro, accoglienza, responsabilità, tempo libero.
Maurizio Rossini
La società è cambiata in modo molto rapido, e anche un po’ violento negli ultimi anni. Tutti avvertiamo un cambio di rapporto con il mondo del lavoro, e in questo vedo anche dei segni positivi. I ragazzi hanno bisogno di dare un senso e un significato a quello che fanno. È un aspetto importante che oggi tocca tutte le organizzazioni; ognuna cerca di attrarre dei talenti e delle persone che si appassionino a quelle comunità. Per farlo le persone devono dare senso e significato a quel lavoro, nel turismo lo avvertiamo in modo particolare, ma questo succede anche negli altri comparti.
Il concetto di fondo è semplice: se un comparto o un’azienda non sono visti come un elemento di valore per la società, faranno fatica ad attrarre giovani e talenti. E questa per molti aspetti è una rivoluzione per molti aspetti. L’altro giorno ero al cinquantesimo di Dolomiti Superski, dove ha parlato Stefano Domenicali, che oggi è presidente e amministratore delegato del Formula One Group: parlando della Formula 1 ha parlato del suo futuro, individuando come tre parole chiave sostenibilità, accessibilità, inclusione. Penso che dieci anni fa non avremmo mai sentito il capo della Formula 1 parlare di questi temi, per poi argomentare i progetti concreti che stanno portando avanti su questi fronti. Non lo fanno a caso: se vogliono attrarre un pubblico giovane, devono fare i conti su questi aspetti.
Allora, quando parliamo di turismo, come per gli altri comparti, dobbiamo interrogarci su questi temi, per capire come riprendere un dialogo forte con i giovani. Ritenendo peraltro che il mondo del turismo sia straordinario, fatto di incontri, per cercare di capire per quale motivo non siamo più attrattivi. Certo, poi ci sono tanti altri aspetti: come vivere dignitosamente con il proprio stipendio? E come vivere a Trento o a Madonna di Campiglio? Qui c’è spazio per delle politiche anche nuove da portare avanti.
Alessandro Franceschini
Abbiamo visto un contesto che sta provando a creare nuove modalità: allungando la stagione, facendo in modo che il lavoro stagionale diventi quasi indeterminato, provando a creare delle interazioni tra comunità locali. Il Trentino potrebbe porsi come una Silicon Valley, in cui lavoro e mi diverto: questo sarebbe il buon bilancio per attrarre talenti.
Maurizio Rossini
Tocchiamo un argomento che è un po’ antipatico: tutti vorremmo vivere le nostre valli, in modo gratuito o con costi accessibili. Ma è faticoso, abbiamo uno stile di vita che è costoso, perché siamo in una delle economie più ricche del mondo. Quando parliamo di scelte nel turismo, rivolgendoci a una certa fascia di mercato, è perché abbiamo la necessità di vederci riconosciuto il valore del servizio. Quando andiamo al supermercato, e vogliamo acquistare determinati prodotti a prezzi molto contenuti, dobbiamo interrogarci sul cosa c’è dietro quel prodotto: chi lo lavora, e a quali condizioni? Lo stipendio di chi lavora nel comparto turistico è direttamente collegato con i fattori economici di quel comparto. Nel turismo è anche il farci riconoscere il valore del servizio, ma per farlo dobbiamo rivolgerci a un pubblico che lo possa fare.
Per come abbiamo ragionato oggi di turismo, l’importante sarebbe bene uscire dai tavoli istituzionali e parlare di questi aspetti con la comunità. La tematica del turismo è infatti qualcosa che impatta fortemente su tutte le persone di quella comunità e di quella vallata. Darei una voce particolarmente forte ai giovani, perché il futuro del nostro Trentino è legato alla nostra capacità non solo di attrarre giovani nelle valli, ma ancor prima di trattenere – e di far tornare – i nostri ragazzi, affinché vedano nelle nostre valli dei luoghi ideali in cui costruire il loro progetto di vita.