Smart working in villeggiatura? Binomio (im)possibile
La tecnologia è uno strumento che ci aiuta. Ma ci devono essere dei requisiti minimi. Appena siamo entrati in lockdown, per esempio, ho per prima cosa acquistato un pc nuovo, in grado di supportare le piattaforme necessarie, ho fatto tutti i test del caso, e ho potenziato il contratto della fibra. Presupposto che abbiamo i requisiti, e non è vero che questi ci sono da tutte le parti, il problema successivo è quello della cultura.
Per anni si è parlato del nomade digitale: nei mesi scorsi, come hanno detto alcuni, siamo stati piuttosto dei seduti digitali. Cosa succederà in futuro? Non credo che l'ufficio sparirà. Si lavorerà probabilmente su soluzioni miste. Ma quello che invece sto iniziando a vedere è che questa esperienza sta dimostrando la fine del capo del controllo. Più di una volta ho sentito dei manager dirmi di non vedere l'ora di tornare in ufficio per vedere fisicamente le persone, per aumentare la produttività. Qualcuno mi ha persino domandato se esistessero dei software per controllare la presenza fisica del dipendente di fronte al computer lungo le 8 ore lavorative prestabilite.
Questa è un'esperienza che ci ha insegnato a gestire il lavoro da lontano, il che richiede delle abilità che non tutti hanno. Promotrice di questo modo di pensare era Charlene Li, che in tempi non sospetti aveva scritto “Open Leadership”, un'opera che mi ha sempre incuriosito. Lei si è sempre interessata alle modalità di controllo nell'epoca digitale.
Riusciremo ad avere successo con il telelavoro, con lo smart working, anche in località come le nostre, se saremo in grado di far convivere generazioni diverse. In questo momento nelle nostre aziende abbiamo in media 5 generazioni differenti che si stanno confrontando. Questa è una bomba atomica positiva, perché c'è la saggezza del senior, e dall'altra parte ci sono le skills dei Millennials e della Generazione Z. Chi sa gestire questa collaborazione, intervenendo con la formazione e con la centralità dell'uomo, impegnandosi per formare le persone per le attività in smart working, avrà dei risultati eccezionali. É necessario formare noi lavoratori vintage sulle soft skills digitali, ovvero sulla co-creazione (per imparare a creare insieme agli altri in modo remoto), sul self empowerment (oggi grazie alla connessione si possono fare corsi prima impensabili) e sulla virtual communication (dobbiamo formare le persone a usare bene questi strumenti digitali).
Guardando allo smart working in villeggiatura, quello che vedo è che questo scenario cambia il mix a cui siamo abituati, senza più una distinzione netta tra momenti di lavoro e momenti di vacanza. La nostra vita nell'arco della giornata avrà momenti di lavoro e momenti di vacanza alternati, ed è per questo che è possibile pensare felicemente allo smart working in villeggiatura. Servono però formazione e strutture. Su questo tema ci vorrebbe Domenico De Masi, il primo a lavorare su queste tematiche, che aveva detto “prendiamo i sabati e le domeniche, 108 giornate all'anno che se organizzate bene possono andare ben oltre il mese di ferie”. Tutto dipende dalla nostra capacità di organizzarci.