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XXI BITM - L'intervento di Annibale Salsa

Categoria: Sfide del turismo montano

Anno: 2020

XXI BITM - L'intervento di Annibale Salsa

Relatore: Annibale Salsa - Antropologo, presidente della Scuola per il Governo del territorio e del paesaggio

Tag associati: SostenibilitàDestagionalizzazioneEmergenza sanitariaOver turism


Il territorio montano: uno spazio naturalmente a bassa densità

ll tema della sicurezza e del paradigma dell'incertezza è centrale. Tra qualche decennio gli storici rappresenteranno probabilmente il periodo della pandemia come quello della frattura nei confronti di una continuità che sembrava qualcosa di seriale, ma con degli incrementi in termini quantitativi e dei decrementi in termini qualitativi. Come è noto, i sociologi hanno definito la società tardo moderna come la società quella della securizzazione. Il paradigma della certezza, cioè del rischio calcolato, rappresenta un modello culturale di riferimento, incontrovertibile. Dal punto di vista psico-sociologico quello che stiamo affrontando è dunque uno scandalo.

Quello che è accaduto con il Covid-19 mette allo scoperto una ferita gravissima, ovvero l'irruzione dell'incertezza nella società della certezza. Tutti ancora oggi siamo di fronte all'imprevedibilità, stiamo riscoprendo il valore del pericolo, che nel lessico contemporaneo abbiamo sostituito con il concetto di rischio. Ma rischio e pericolo non sono sinonimi. Il rischio è qualcosa di calcolabile, il pericolo è l'imprevedibilità, e sta qui la rottura nella rappresentazione scientifica del mondo.

Detto questo, la montagna fino a qualche tempo fa non era di moda, se non riguardo alla vacanza invernale. Non dimentichiamo che nell'area alpina il turismo nasce come estivo, tra Settecento e Ottocento, in Svizzera, che rappresenta ancora oggi un laboratorio importante per studiare il modello vacanziero alpino. Le agenzie di viaggio che organizzano tour per i nuovi ricchi orientali indicano l'Italia come il paese della monumentalità e delle città d'arte, mentre quando si parla di montagna indicano senza dubbio la Svizzera. Questo perché la Svizzera ha elaborato fin dalla fine del Settecento delle strategie e dei modelli per dare un valore al turismo, soprattutto in termini qualitativi. 

Il turismo invernale nasce nel 1864 a Saint Moritz, grazie all'intuizione degli albergatori Badrutt, che proposero agli inglesi di sperimentare l'appetibilità della montagna invernale. Il turismo montano invernale nasce quindi più tardi rispetto a quello estivo, ma diventa poi preminente, soprattutto nel Secondo Dopoguerra.

Questo, va detto, nonostante il fenomeno tirolese del Sommerfrische, quello che noi in Trentino chiamiamo “andare ai freschi”, ovvero la villeggiatura estiva che i padroni del maso offrivano ai contadini che lavoravano in campagna. Poi, in tempi di industrializzazione, e di minore disponibilità da parte della masse, la vacanza è diventata più breve, con un turismo mordi e fuggi, di mero consumo, dove l'elemento quantitativo ha svuotato dei valori qualitativi il turismo stesso.

Oggi si ritorna a parlare di un turismo di lunga permanenza, come del resto accadeva negli anni Settanta, quando le famiglie passavano uno o due mesi in montagna. Stiamo ritornando a quello. L'auspicio è che non si ripeta l'aggressione ai monti che abbiamo avuto quest'estate. La fuga verso la montagna, intesa come salvagente, non deve essere il nostro modello.

La vocazione della montagna alla vacanza deve essere declinata in una chiave a bassa intensità. La montagna è l'antitesi della concentrazione, un parametro della metropoli. Gli studenti da casa ci domandano come è possibile limitare l'aggressione alla montagna: la chiave non è tanto limitare, quanto distribuire, senza dimenticarci che abbiamo la cosiddetta “montagna minore”, non conosciuta o frequentata. Ma spesso questa montagna offre delle dimensioni paesaggistiche e ambientali stupende. E si deve spingere anche la destagionalizzazione, senza concentrare il turismo sulle due stagioni classiche. 

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