Smart working, siamo connessi? È anche questione di rete
Siamo molto dipendenti dalla tecnologia. Se siamo riusciti a passare attraverso questa crisi in modo non troppo doloroso, anche in termini di Pil, è stato proprio grazie alla tecnologia, per tutti i settori che hanno potuto lavorare da remoto.
Il mondo intero è stato colto impreparato dalla pandemia, forse con l'unica eccezione di Taiwan, che per via dei recenti problemi sanitari si è fatto trovare pronto. Per questo abbiamo dovuto fare un salto quantico a livello tecnologico, e ci siamo trovati a dover telelavorare. E il telelavoro è stato una sfida, perché le nostre aziende non erano fatte per il telelavoro. Però abbiamo scoperto che effettivamente si può fare, che persino le assemblee condominiali si possono fare via web. Una cosa che mi preme sottolineare è che le riunioni sono diventate più puntuali, e sono diventate più brevi, più dirette. Apparentemente abbiamo guadagnato un po' in produttività. La domanda che sorge spontanea è: perché non lo abbiamo fatto prima?
Prima di tutto perché tradizionalmente abbiamo sempre fatto in un altro modo, senza voler fare salti nel buio. Spostarsi dal lavoro in ufficio a quello a casa, per aziende che hanno investito in palazzi, significa peraltro mettere in dubbio grandi investimenti fatti negli anni per acquistare e gestire i propri edifici. C'è poi da dire che sono necessarie delle capacità manageriali diverse, e anche delle forme contrattuali differenti.
Abbiamo fatto un grandissimo esperimento sociale di organizzazioni geneticamente modificate, tutti assieme. Un esperimento del genere, fatto un'azienda alla volta, sarebbe stato praticamente impossibile; pensiamo per esempio ai rapporti con i fornitori. L'esperimento è stato possibile perché tutti sono stati costretti a lavorare da remoto. Ci domandiamo ora: l'esperimento è destinato a durare?
Lavorare da remoto significa approfittare delle caratteristiche peculiari che le attività immateriali hanno rispetto a quelle materiali. Pensiamo ai dati: nel mondo materiale il loro trasferimento richiede tempo e soldi, diversamente da quanto accade nel mondo immateriale. Ma questo comporta una grande sfida organizzativa, comportando per esempio un diverso livello di autodisciplina.
Lo scenario è quello di una connessione continua, una situazione del tutto nuova. Essendo sempre connessi, avremo dei problemi di stress – non a caso in Francia è stata approvata una legge sul diritto di disconnessione. Ma le organizzazioni non sono pronte per gestire una situazione simile: come si fa per esempio a gestire gli straordinari dei dipendenti? Non dico che queste trasformazioni non resteranno, dico che i dubbi sono tanti. L'organizzazione con la sua distribuzione geografica viene superata da un'organizzazione dove la relazione è gestita attraverso degli algoritmi. Il mondo diventa un “punto”, tutto è accessibile sempre e ovunque, e il lato positivo è che questo rende possibile lavorare ovunque.
Per rispondere alla domanda “le persone vorranno lavorare da remoto oppure no?” voglio rifarmi a una recente indagine effettuata nel mondo dei servizi. Alla domanda “come è stato gestire il lavoro da casa?” la maggioranza ha risposto che è stato molto più semplice rispetto al lavoro da ufficio, e molti hanno inoltre affermato che il lavoro è stato più efficace. La maggioranza dei rispondenti (il 75% circa) sarebbe poi felice di continuare a lavorare in smart working (anche se è evidente il desiderio di poter tornare a lavorare anche in ufficio). Alla luce di queste riflessioni, le imprese sono chiamate a muoversi in fretta per non perdere terreno, per prepararsi ad affrontare un mondo che potrebbe implementare stabilmente questi nuovi metodi lavorativi.