Credo che questa tragedia (la pandemia) abbia cambiato non solo il turismo, ma anche il lavoro, il modo di vivere, gli usi, i costumi, i modi di uscire e il mondo dell'amicizia. Anche il turismo cambierà, ma non abbiamo ancora capito dove parare, che turismo inventare. Se tra un paio di anni tutto questo finirà, si riprenderà il vecchio turismo, ma nel frattempo bisogna trovare un modo nuovo di fare per il turismo in montagna. E non sappiamo ancora come, perché brancoliamo nel buio; le idee vengono stando sul pezzo, ma non è facile definire il nuovo turismo, che però verrà condizionato tantissimo da questo inciampo.
Io sono di una generazione ormai superata, faccio fatica a vivere in questo periodo. Ma non perché sia un nostalgico. Perché la tecnologia ha quasi sminuito tutto quello che sapevo, che ho impiegato 71 anni a impararlo. La tecnologia me lo ha distrutto in un attimo. Vado in luoghi remoti a scalare con mio figlio, con le mie figlie, o con amici, e devo cercarmi la via, devo cercarmi i segni, memore delle mie esperienze di bambino con mio padre e mio nonno, scalatori e cacciatori. E gli altri schiacciano un pulsante sullo smartphone e trovano la strada come niente fosse. E questo va benissimo, so di gente che si è salvata la pelle per dare un SOS e trovare un sentiero, ma questa cosa mi ha un po' spiazzato, perché mi sono sentito improvvisamente inutile.
