Il nostro obiettivo è fare in modo che il giovane che viaggerà nei prossimi anni possa trovare città e montagne autentiche. Il payoff che avete scelto quest'anno è un po' la sfida anche delle città d'arte, italiane in particolare. Questo perché scontano una cronica incapacità del sistema Paese di considerare il turismo come un settore strategico da approfondire come scienza, e non come una cosa che capita per caso. Il turismo deve essere coltivato, ha bisogno di ragionamenti, di studi e di analisi, tutte cose che in questi anni il nostro Paese non ha fatto, mentre altri lo hanno fatto con successo. Questo accade in un Paese in cui la competenza turistica è in capo alle regioni, sempre con una dicotomia interna, soprattutto nel caso di città piccole come Venezia e Firenze, che hanno un grande potere attrattivo, pur essendo relativamente piccole come abitanti, dentro a regioni con numeri alti; Roma e Milano hanno dinamiche diverse.
Le città d'arte italiane soffrono da anni l'eccesso di turismo giornaliero. Anche grazie a delle liberalizzazioni in ambito commerciale, succede che oggi alcune vie delle nostre città hanno gli stessi negozi, a Venezia, a Milano, a Madrid, Londra. È evidente che città più particolari, prive di poteri peculiari per regolare sé stesse, soffrono ancora di più. Venezia è un caso emblematico, avendo gli stessi strumenti di Varese per essere amministrata, ma con potenzialità e problemi diversi, a partire ovviamente dall'acqua. Servirebbe prima di tutto domandarsi a livello Paese quali strumenti dare alle città d'arte, e su questo ho fatto insieme a Firenze delle proposte, per tornare a dare ai Comuni, perlomeno nel perimetro Unesco, degli strumenti per decidere che un'offerta commerciale massificata non è quello che vogliamo. Il mercato libero può funzionare in una città normale, non in una città con milioni di turisti. La pandemia è stata una bella sberla per le città d'arte, sia per le casse pubbliche, che per le categorie private. Sono stato nominato assessore al turismo durante la prima ondata, ho vissuto appieno questa stagione, ed è stata un'occasione per ripensare questo modello.. È evidente come la nostra città debba essere ripensata rivedendo la comunicazione dell'idea stessa della città. Negli ultimi anni Venezia la si associava ormai al Carnevale, alla gondola, al turismo mordi e fuggi, e alla città cara, dove è meglio non fermarsi per mangiare.
Ma questo perché Venezia non ha mai fatto una comunicazione di come voleva essere raccontata, ci raccontavano gli altri, dal giornale straniero in poi. Fino ad arrivare al punto in cui un certo tipo di turista attento alla sostenibilità, alla qualità, alla lunghezza del soggiorno, ha pensato di non andare più a Venezia. Arriva un punto in cui un eccesso di turismo di massa allontana il turismo fatto di gente che vuole vivere un'esperienza. Su questo non esistono strumenti nell'astuccio del sindaco e dell'assessore, devono essere creati; alcuni in loco, alcuni richiedono normative. Stiamo quindi lavorando per associare Venezia alla moda, per dare l'immagine di un'idea magica, di qualità, con un lusso inteso come bellezza e made in Italy. In questo si inseriscono il Salone Nautico, la Biennale di Venezia, la Mostra del Cinema.
Va fatta una scelta di campo, dicendo che oltre a una soglia di persone, per pure ragioni fisiche, non ci possono essere ulteriori ingressi. Nessuna città è mai riuscita a farlo; lo possono fare i siti archeologici, i passi. A Venezia, città capoluogo nonché viva dal punto di vista produttivo, è più difficoltoso. Vorremmo varare già nel prossimo anno un sistema di prenotazione della città, il che avviene automaticamente per chi prenota un albergo; chi invece vorrà venire per poche ore, senza pernottamento, dovrà “avvisare” online della sua presenza, per permettere alla città di organizzarsi di conseguenza, di offrire servizi, mantenendo un equilibrio tra i diritti del cittadino e quelli del turista. Con questa modalità chi desidera scoprire davvero Venezia può farlo con i suoi tempi e in modo autentico, senza diventare un “pacco” che viene trasportato in vari luoghi. È una sfida culturale epocale, e nei prossimi mesi lavoreremo su questo.