Nel comparto turistico credo che i 2 fattori determinanti siano quelli indicati da Walter e da Michele. Pensiamo alle retribuzioni. Non fai una famiglia in un settore in cui hai una stagionalità e i tuoi trattamenti salariali sono più bassi del 25% rispetto all'Alto Adige. C'è poi la questione del tempo e della qualità della vita. Poi c'è un altro fattore, mettere in atto le proprie competenze, sapere che quello che ho studiato, nel momento in cui entro nel mercato del lavoro, viene veramente valorizzato. Su questo credo ci sia davvero un ruolo importantissimo delle aziende, come sottolineato da Samaden. Per fare questo salto di qualità bisogna tornare a investire sul prodotto turistico, su quello che le aziende offrono ai clienti, a chi ci lavora dentro e al territorio. Se guardiamo il trend, ovvero al flusso di investimenti privati in Trentino negli ultimi 10 anni, siamo in calo, con un gap che cresce con la Provincia di Bolzano (dove gli investimenti continuano a salire, in tutti i settori, non soltanto in quello turistico). C'è il rischio di depauperare anche una delle vocazioni più importanti del nostro territorio, per l'appunto quella turistica. Perché la competizione è mondiale: prima del Covid abbiamo avuto risultati di presenze e di pernottamenti molto importanti; lì si doveva scommettere sugli investimenti, ma il Covid ha bloccato tutto. In realtà dobbiamo invece farcene una ragione, e pensare che ogni crisi non è una giustificazione per frenare gli investimenti, dovrebbe essere invece uno stimolo ad aumentare gli investimenti, guardando oltre il contingente. Se guardiamo alla dimensione energetica, tutte le aziende che hanno scommesso sulla diversificazione, sulla sostenibilità, sugli approvvigionamenti da fonte energetiche rinnovabili – e in Trentino che ne sono tante – oggi non sentono minimamente l'impatto dell'aumento dei costi energetici. Agli imprenditori chiediamo anche questo, di guardare oltre il day by day, per non trovarsi in situazioni molto più complicate di come potrebbero essere. In un mondo di vecchi come il nostro, e lo sarà sempre di più purtroppo, l'invito che faccio ai giovani è quello di non avere paura.
In un mondo di vecchi, quando i giovani sono pochi, può succedere che ci si rintani in logiche di branco, o di individualismi. Dico loro di non avere paura, e di investire nell'istruzione e di criticarla dall'interno, diventando parte attiva di quel mondo, pretendendo di più dagli insegnanti e anche dalle imprese con cui si lavora in alternanza scuola-lavoro. E dico loro di denunciare quando le cose non vanno bene, perché questo fa bene anche agli imprenditori, per capire cosa sta andando male. E bisogna continuare a comportarsi così anche successivamente, sapendo che il mercato chiede manodopera: quando ci si trova in situazioni di lavoro sottopagato, troppo precario o ancora peggio in nero, bisogna avere la forza di dire “io questo non lo accetto, voglio qualcosa di meglio, perché sono preparato per farlo”. E sottolineo che secondo noi il primo lavoro di uno studente preparato e qualificato non può essere un tirocinio. Deve essere un lavoro vero. C'è l'apprendistato, c'è il duale, sul quale bisogna investire, perché con questo crescono sia le scuole che le imprese. In Austria, per esempio, non sono le scuole a implorare le aziende di prendere qualcuno, è il contrario, sono le imprese a muoversi per cercare gli apprendisti, e sono le scuole a scegliere poi quali sono le imprese che possono ospitare i giovani apprendisti da formare.