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BITM XXIII - L'intervento di Carlo Battista Mazzoleni

Categoria: Agriturismo

Anno: 2022

BITM XXIII - L'intervento di Carlo Battista Mazzoleni

Relatore: Carlo Battista Mazzoleni - Responsabile comunicazione Storico Ribelle – Centro Bitto

Tag associati: Enogastronomia


Storico Ribelle è un marchio recente, quando parli di Storico Ribelle parli di Bitto. Ma Bitto, che conoscono tutti, prima di essere il nome di un formaggio è il nome di un torrente, lungo 15 chilometri, che scende dal passo di San Marco e arriva all'inizio della Valtellina. E lì si capisce quanto rientra il territorio in un prodotto alimentare. Lì entrano in gioco le qualità botaniche e climatiche, la cultura casearia e materiale di una zona, che è data non solo dalle condizioni naturali, ma anche da fatti storici. In quella zona, sulle sponde del Bitto, nei secoli si è sviluppato un formaggio che è diventato un punto di riferimento per i produttori di formaggi della zona.

Il passo di San Marco si chiama così perché era percorso da mercanti veneziani, e il Bitto è diventato conosciuto fuori dalla zona di produzione anche e soprattutto grazie a queste vie commerciali antichissime. Certe volte è anche una questione di fortuna, oltre che di bravura. Quando c'è un mercato che chiama un certo tipo di prodotto, i casari e la comunità si adoperano per riuscire a soddisfare al meglio la richiesta. C'è una piccolissima nota che dimostra la cosa: altri formaggi della Lombardia, per arrivare anche solo a pareggiare la qualità visiva del Bitto, che ha questo colore oro carico, dato dalla diversità delle erbe e dei fiori di cui si nutrono mucche e capre, hanno iniziato a inserire lo zafferano. Il Bitto è sempre stato visto come un prodotto di riferimento. Possiamo poi discutere se è più o meno buono di altri formaggi, ma è anche una “storia”. E come diceva Francesco, quando bisogna proporre una storia si deve trovare un modo per creare quell'emozione che dà valore aggiunto a una qualità organolettica di un prodotto.

La nostra realtà ha subito all'inizio degli anni Novanta un processo di allargamento della produzione voluto da un gruppo di latterie e consorzi nati su spinta istituzionale, per allargare la produzione di Bitto, pensando che, sfruttando un nome di un formaggio di riferimento, si riuscisse a salvare il comparto caseario della Valtellina. Per fare questo hanno voluto individuare un mercato di grande distribuzione, che non era quello adatto. Per questo è nato un movimento che è stato poi definito di “resistenza casearia”. Dapprima per un tradizionalismo che aveva un po' di campanilismo; poi i casari si sono resi conto di avere tra le mani un prodotto molto importante: lì è nata quella che è stata definita la “guerra del Bitto” con il marchio che è stato prima “Bitto Storico” e oggi “Storico Ribelle”. Ecco perchè 800 forme sono conosciute nel mondo, perché si è voluto tenere dritto, in modo caparbio, su una tradizione non fine a sé stessa, ma che sapesse dare un valore aggiunto. Ma poi ci vuole anche il valore intrinseco del formaggio, e la voglia di stabilire dei limiti, di fare l'alpeggio rispettando il pascolo, di dare una differenziazione artigianale di un prodotto. In questo modo si è potuti andare anche verso un mercato che potesse riconoscere un prezzo importante alla produzione. Così facendo il prodotto poteva effettivamente trainare concretamente il settore, facendo alzare il prezzo anche agli altri formaggi della valle, che potevano avere caratteristiche di artigianalità ma costi di produzione anche inferiori. Abbiamo una casera comunitaria in cui ritiriamo le forme a fine stagione: le compriamo, le paghiamo e ci occupiamo della stagionatura. Alcune forme fanno più di 10 anni, e sono quelle che formano quel pathos quando vai su certi degustatori.

Si vuole essere un esempio, perché con 800 forme non fai nulla, ma con l'esempio sì, per fare vedere anche all'esterno cosa si può fare con un progetto di questo tipo.

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