Prima di fare delle scelte è necessario essere capaci di fare delle analisi. Spesso non si fa. Se bisogna fare delle scelte oculate, attente, è necessario avere il coraggio di guardare lucidamente cosa c'è davanti. Se dobbiamo parlare della grande crisi della mancanza di addetti, onestamente, devi guardare e capire. Per capire devi essere capace di metterti in discussione, perché se non lo fai, non riesci, perché difendi te stesso e così facendo non riesci a capire la situazione. Nello specifico parliamo di due mondi, quello delle aziende e quello della formazione.
Nel primo c'è un'inerzia totale rispetto a un punto fondamentale che le aziende non hanno voluto considerare, cioè come hanno trattato i propri lavoratori. Questo tema ha un impatto potentissimo sugli studenti, perché loro guardano ai lavoratori. Se tu per tanti anni te ne freghi di come stanno i tuoi, succede che prima o poi il conto lo paghi. Perché quelli si ribellano, non bruciandoti la casa, ma andandosene. Il tema della job reputation è fondamentale, e lo è per un territorio. La prima cosa che mi viene da dire è che il Trentino dovrebbe diventare un grande laboratorio di job reputation, con le singole aziende che si impegnano a mettere al centro come trattano i dipendenti. Cose pratiche, s'intende: con quale etica si gestiscono i dipendenti? Come si distribuiscono le mance? Da un dettaglio come questo si capisce il metodo. C'è parità di genere? Come vengono trattate le donne nelle strutture? Da qui si capisce subito se si tratta di un'azienda evoluta o meno. La mia è una presa di coscienza lucida, dico senza pregiudizi quello che vedo: c'è una parte di aziende che ha ragionato male e ha rovinato il mercato, anche per quelle aziende che hanno ragionato nel modo migliore.
E il mondo della scuola è inerte. Il problema è che non è fatto per i ragazzi, è fatto per gli adulti. Le regole che muovono le scuole ogni giorno sono per l'interesse degli adulti. Ci sono mille tutele per gli adulti: basta guardare i contenziosi. Si aprono fronti infiniti di tutela degli adulti, crepa se ci sono tutele per i minori. La scuola dovrebbe essere costruita sui ragazzi, non sugli adulti, e anche su questo bisogna lavorare.
C'è un'inerzia, perché la scuola è convinta di essere depositaria dei saperi. Se per la cultura lo può essere, per le professioni, per i mestieri, non lo è. Bisogna partire dall'umiltà di ammettere che le competenze stanno nelle aziende, non nelle scuole, che invece possono curare il percorso dell'avvicinamento. Un professore dell'alberghiero non può essere depositario delle conoscenze attuali del mercato alberghiero, perché quel docente svolge il suo ruolo in altre maniere, accompagnando i ragazzi.
Ma per accompagnare i ragazzi allora devi domandarti come aiutare un quattordicenne a diventare grande. Quindi i primi 2 anni li devi dedicare a cose che non hanno a che fare con il mestiere, quanto invece con la sua formazione umana. Guardando lucidamente quello che hai davanti, capisci che i ragazzi, al giorno d'oggi, per fargli imparare le cose devi metterli in circostanza: quindi apprendono di più attraverso il sistema duale. Non serve inventarsi tante cose strane: prima di tutto servirebbe una scuola professionale di 4 anni e non di 3, perché si sono ritardati i processi di maturazione. Dunque fai i primi 2 anni propedeutici, fai degli accenni alle professioni, ma lavori con tutt'altro, musica, teatro, letteratura, quello che serve a far esprimere un ragazzo, gli fai conoscere il territorio, e poi inizi con piccole pillole di professione. Per esempio con dell'economia domestica, se parliamo del campo dell'ospitalità. E poi il terzo e il quarto anno li inserisci in un sistema aziendale, apprendistato obbligatorio per tutti. Stai 2 anni in azienda, prendi il tuo titolo, e a quel punto il ragazzo è motivato, ha imparato sul campo il mestiere, conosce il mercato, e può spiccare il salto, eventualmente per fare dell'alta formazione. Perché i passi successivi sono le specializzazione. Il sistema post-diploma qui va ripensato, con una nuova mappatura. Perché le logiche con cui sono stati distribuiti i corsi di alta formazione non hanno guardato all'interesse dei territori, sono state logiche lobbistiche. Bisogna ridisegnare il percorso formativo, vedere dove e perché fare quel corso, collegando quello che avviene nel percorso formativo con quello che avviene nel mondo del lavoro. Se applicato, questo quadro diventa un piano di rigenerazione dei percorsi formativi, che obbliga le aziende a fare la loro parte. Un altro elemento che andrebbe messo al centro è di costituire finalmente gli alberghi-scuola, veri. Noi potremmo essere il primo territorio che mette a terra un modello svizzero o tedesco. Non lo facciamo perché continuiamo a essere arroccati sulle logiche costruite dagli adulti per adulti, senza chiedere ai ragazzi cosa vorrebbero.