Parlare di Dolomiti vuol dire parlare riconoscimento Unesco, ma soprattutto di tante montagne diverse. L'anno internazionale è “delle montagne”, ogni cima e ogni vallata rappresentano realtà diverse e specifiche. Questa è una delle nostre difficoltà gestionali: l'ambito del riconoscimento Dolomiti Unesco è qualcosa come 142.000 ettari divisi su 5 province, con vocazioni diverse e approcci al turismo differenti. Abbiamo ambiti in cui nei momenti di alta stagione quintuplicano il numero di presenze rispetto ai residenti, con problemi di sostenibilità. Abbiamo territori che hanno invece problemi di spopolamento. Sostenibilità significa anche sostenere questi territori. Non è facile fare una sintesi. Il tema della sostenibilità abbraccia però tutti noi, anche rispetto ai modelli di sviluppo che auspichiamo di vedere nel futuro. Il riconoscimento Unesco è del 2009, abbiamo perso un po' l'entusiasmo degli inizi. Ma credo che le sfide della sostenibilità siano sempre più presenti nel nostro scenario.
Quest'estate secondo me c'è stato uno spartiacque impressionante con la tragedia della Marmolada: un pezzo di riconoscimento Unesco si è dissolto. Al di là della tematica specifica, questo ha portato alla ribalta tante questioni: come la frequentazione della montagna in epoca di crisi climatica, oppure come l'incomprensione del territorio montano da parte dei media. I temi classici rassicuranti su cui ci muoviamo, credo, stanno vacillando molto. Questo ci dovrebbe spingere a un'alleanza tra operatori economici, tra chi si occupa di tutela del territorio, di mediazione culturale rispetto alla montagna, per valorizzare la sostenibilità. Quando parliamo di sostenibilità ci riferiamo spesso all'hardware: parafrasando Calvino, c'è una dimensione infrastrutturale di presidi del territorio legata alla sostenibilità, ma c'è anche qualcosa di molto leggero, impalpabile, che è il tema della cultura e della comunicazione. Se non riusciamo a veicolare un'idea della montagna autentica, se non siamo tutti insieme a farci mediatori culturali anche rispetto al turista, credo che non riusciremo a sopravvivere come montagne nel mondo del turismo. L'esempio dell'agriturismo fatto prima è un esempio di mediazione culturale: come fare a far capire a chi ormai ha perso il contatto con la natura le specificità e i valori del nostro territorio? Questa è la sfida su cui dovremmo lavorare insieme, in parte lo stiamo già facendo come Fondazione, abbiamo già ottimi alleati in tutte le province e ne cerchiamo altri, con cui cercare di promuovere questo sforzo culturale. Credo però che dobbiamo uscire tutti dalla nostra comfort zone e guardare anche a un futuro che potrebbe essere drammatico, pensando sia all'hardware per la sostenibilità e anche alla mediazione culturale. Unesco ce lo chiede: uno dei grandi temi al momento del riconoscimento era la questione relativa alla modalità attraverso la quale garantire una fruizione sostenibile della montagna e qualitativamente significativa per il visitatore. Qui si parla di una responsabilità diffusa, con ognuno di noi che è un mediatore del proprio ospite, anche per far comprendere la vulnerabilità e il valore della montagna. Tutti dobbiamo essere bravi e efficaci nel comunicare queste specificità.