Questo è un momento di transizione, e per fare la transizione dobbiamo fermarci ad ascoltare. Come parti sindacali in primis dobbiamo sentire quello che vogliono i lavoratori, interpretarlo e portarlo nella discussione con la parte imprenditoriale. Credo che dopo il Covid, con la riscoperta del tempo da dedicare ad altro, allo svago o alla crescita, dobbiamo ripensare i modelli anche lavorativi. E non è facile, perché oggi soprattutto nel turismo, il lavoro è 7 su 7, soprattutto nei momenti in cui gli altri magari fanno vacanza. Significherebbe quindi cambiare davvero il modello di lavoro, e non si può fare da soli, bisogna mettersi insieme e valutare varie proposte. In questo momento c'è la richiesta della qualità della vita, e se vogliamo diventare un territorio attrattivo, e tenere i nostri giovani a lavorare nel nostro territorio o importare dei lavoratori, dobbiamo lavorare su vari aspetti, da quelli contrattuali alla qualità della vita. Fare una cosa che non siamo magari più abituati a fare, parlare insieme e guardare al futuro. Oggi paghiamo gli errori fatti negli anni scorsi per la mancanza di programmazione.
Speriamo che i giovani riescano a trovare una collocazione all'interno delle nostre imprese, e che soprattutto portino quell'innovazione, quello stimolo, quella voglia di futuro che hanno. E che continuino a formarsi, perché la formazione deve essere continua, la scuola ti dà solo un primo passaggio. I giovani possono portare quegli stimoli: non tutti faranno i camerieri e i cuochi, ci sarà anche chi farà il dirigente d'albergo. Abbiamo bisogno come territorio di ascoltarli, e che loro si sentano liberi di portare le loro richieste, le invenzioni e le innovazioni che vorrebbero vedere. Se lo facciamo riusciremo ad affrontare il cambiamento. Loro saranno non solo i lavoratori, ma anche gli utenti di queste strutture, quindi anche per questo dobbiamo ascoltarli.