Di energia si sta parlando da mesi, è diventato l'Argomento, quello che è successo è un fenomeno assolutamente globale. Pensiamo al prezzo del gas: in Italia c'è una strettissima correlazione tra prezzo del gas e prezzo dell'energia. Il prezzo dell'energia è fatto dall'impianto tipico italiano, che produce a gas.
In Italia abbiamo vissuto per anni nella tranquillità dal punto di vista delle dinamiche energetiche. Poi c'è stata una tempesta. Scaroni qualche tempo fa ha detto che c'è stata una “tempesta nel mare”. In particolare, ci preme far vedere che già prima dello scoppio della guerra, a febbraio 2022, il prezzo del gas è praticamente quadruplicato. Perché nelle dinamiche mondiali post pandemia, i primi paesi a riprendere in modo importante l'attività economica sono stati i paesi asiatici. Dall'estate 2021 fino alla fine dell'anno l'Asia chiedeva sempre più gas per sostenere questa sua ripresa. E il gas è venuto a mancare per l'Europa, perché una parte del gas che normalmente arrivava dall'America è andato verso l'Asia. L'Europa ha perso circa un 20% di gas naturale liquefatto, che è andato dove c'era una remunerazione migliore. A fine 2021 i prezzi sono saliti per via della scarsità, ed è diventato più interessante consegnare il gas in Europa. Per questo il prezzo ha conosciuto una successiva discesa. Il mercato si è riassestato intorno a 100 euro a megawattora, prezzi 4 volte superiori a quelli abitudinari, e è fermato lì. Poi è iniziata la guerra, con una nuova salita del prezzo del gas. Perché c'era l'aspettativa dei mercati che la Russia chiudesse i rubinetti del gas all'inizio della guerra. Quella stessa Russia che fino a ieri portava in Europa 160 miliardi di metri cubi di gas su un fabbisogno di 500. Ma non è successo, la Russia non ha chiuso i rubinetti, e quindi i prezzi sono scesi nuovamente, tornando ai livelli ante guerra, con il gas continentale che ha continuato a fluire in modo normale. Questo fino a giugno 2022, quando il mercato ha conosciuto una nuova impennata per l'esacerbarsi della guerra e con la parziale chiusura dei rubinetti russi. Si è arrivati così al gas che costava in Italia 300 euro a megawattora, con l'ultima grande impennata ad agosto 2022. Poi c'è stata la nuova discesa, un messaggio di speranza anche per le funivie. L'Europa ha cominciato a capire che quelli non erano prezzi sostenibili, per nessun paese. E ha iniziato a fare alcune ipotesi di intervento per calmierare questi prezzi a livello europeo. Non è stato fatto ancora nulla nel concreto, ma la sola aspettativa ha fatto crollare i prezzi. Il gas è arrivato persino a 25 euro / megawattora. Qual è la prospettiva adesso? Avvicinandoci all'inverno, in una situazione in cui paradossalmente c'è un eccesso di offerta, con gli stoccaggi pieni, le temperature miti e l'attesa della decisione UE, si è arrivati alla situazione descritta . Speriamo che l'Europa possa effettivamente trovare una soluzione per calmierare i prezzi: senza un effetto cap imposto dagli Stati, i prezzi potrebbero tornare a lievitare, soprattutto in un inverno rigido. L'aspetto che gli esperti vedono come problematico non è in realtà questo inverno, è il prossimo, con le forniture russe che risulteranno praticamente azzerate. Prima della guerra la fornitura media russa di gas all'Europa era di circa 150 miliardi di metri cubi, ora ci stiamo avvicinando ad azzerare questa fornitura. L'Europa deve risolvere il tema dell'indipendenza: in una prospettiva di un gas russo che l'anno prossimo non ci sarà più è necessario rendersi indipendenti.
In Italia importavamo normalmente 30 miliardi di metri cubi di gas russo, quest'anno siamo riusciti ad arrivare a 15, ma la prospettiva è che questo valore si azzeri, e quindi sarà necessario aumentare le fonti alternative di approvvigionamento. Parliamo delle forniture dall'Algeria, dei rigassificatori, del famoso TAP, che ha già dato un contributo importante, delle forniture dalla Libia e delle forniture nazionali.