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XXIV BITM - L'intervento di Marco Martalar

Categoria: Tutela del territorio

Anno: 2023

XXIV BITM - L'intervento di Marco Martalar

Relatore: Marco Martalar - Scultore, autore de il Drago Vaia

Tag associati: SostenibilitàEmergenza sanitariaOver turism


Se dobbiamo guardare da dove è partito tutto questo, pensare a cosa c'era prima, dobbiamo ricordarci prima di tutto che non c'era Vaia. Prima del Drago Vaia avevo fatto alcune altre opere, forse la più famosa era stata il Leone Alato, che è stato esposto tra gli altri luoghi anche alla Mostra del Cinema di Venezia. In Veneto ha fatto una buona risonanza. Ma una mostra dura 10 giorni, e poi finisce. Il Drago, finché non l'hanno tolto di mezzo, è rimasto lì, poteva essere visitato in qualsiasi ora del giorno, era libero, era lì per tutti. Questa facilità di vedere l'opera ha aiutato tanto la sua divulgazione. È stato poi un susseguirsi di opere, posizionate in luoghi fantastici. Meno blasonati, meno conosciuti, a mio parere altrettanto belli. Il connubio tra luogo e opera aiuta tantissimo a dare visibilità sia al posto che all'opera. Talvolta in zone secondarie, in alcuni luoghi che la tempesta Vaia ha completamente cambiato. La tempesta Vaia in montagna ha cambiato un po' il senso della bellezza delle cose, ha distrutto qualcosa che noi ritenevamo bellissimo, il bosco. Tutti lo vedono ora come un posto brutto: tutto sradicato, lì la natura è stata violenta. Ho però pensato che in realtà il brutto e il bello non sono poi così ben definiti, e che allora l'arte può aiutare a mettere bellezza anche in un posto del genere, per far anche capire il senso di quello che ha fatto la tempesta.

Tra l'altro, quando giro in questi “boschi che erano boschi” trovo altrettanta bellezza, è cambiata la natura di quei luoghi, ma è solo cambiata, con una trasformazione che è così affascinante che ti dici: “avevamo solo un punto di vista, ora ne abbiamo un altro”. Con le mie opere voglio dare anche questo punto di vista.

Durante il Covid, quando mi sono presentato in Alpe Cimbra per delle interviste, sembrava di essere e Jesolo in agosto. Mi sono detto, “ho fatto l'assembramento più grande del Trentino”. Mi sono sentito un po' in colpa, ma in realtà eravamo all'aperto, in uno spazio molto grande. È interessante, guardando le tante foto delle opere, che l'opera resta fissa, e tutto intorno cambia, insieme alla stagione, alle situazioni meteorologiche. E questa è probabilmente una delle parti più interessanti della land art, dell'arte in natura, insieme al fatto di accettare che la natura cambia l'opera. Che è anche un po' l'accettazione del nostro essere, del nostro ciclo.

Guardando le foto scattate dalle persone sembra che tutti si sentano partecipi delle opere. Forse è perché queste sculture sono calate tra il popolo, lì dove è possibile viverle, anche con una certa possibilità di interazione, che dà l'opportunità di sentirsi parte dell'opera. Proprio per questo non è stata creata nessuna barriera, con la possibilità di avvicinarsi e di toccare l'opera, come con i monumenti che si trovano nelle piazze. E ovviamente ci sono anche degli svantaggi: sappiamo per l'appunto quello che è poi successo al Drago di Vaia.

A questo proposito, non posso dire quello che faremo dopo quello che è successo; posso però dire che l'affetto che è arrivato dopo l'atto vandalico è quasi riuscito a coprire questo evento negativo. So che devo dare una risposta a migliaia di persone che si stanno aspettando qualcosa, ci vuole però un po' di pazienza, per arrivare alla risposta giusta: non si può rimpiazzare velocemente un'opera di questo tipo. Questo sapendo che né io né Lavarone abbiamo mai spinto il Drago di Vaia; l'opera si è diffusa da sola, senza delle campagne a pagamento, è cresciuta in autonomia, grazie al passaparola.

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