Io c'ero alla prima edizione delle Giornate del Turismo Montano. Questa bellissima intuizione di un amico, conoscevo Loris da tantissimo tempo: c'ho discusso, c'ho litigato, era facile litigare con lui, ma era facile anche ricomporre la discussione. Ai ragazzi diciamo di non badare troppo a noi, al casino che continuiamo a fare. Diciamo loro di andare avanti per la loro squadra, e di non badare troppo al mondo adulto, poiché in questo momento non siamo un buon esempio. Dico ai ragazzi di credere a sé stessi, di credere alla possibilità di realizzare ciò che loro hanno nell'anima. È un discorso abbastanza scontato. Quando si parla con i ragazzi, chi ci tiene, parla così.
Quello del futuro è un tema che troppo spesso viene messo sulla spalla dei ragazzi. Si parla troppo di giovani, ci si riempie la bocca di “i giovani non hanno più voglia di studiare o di lavorare”, i “giovani qui e i giovani là”, soprattutto da parte di persone over 50 o over 60, persone che poi, quando è magari il tempo di lasciare la cadrega, non lo fanno. Non è vero che siamo un Paese capace di costruire le strade per i ragazzi; siamo capaci di parlare tantissimo dei ragazzi, ci riempiamo convegni, book, facciamo analisi colte sul perché non lavorano, diciamo perlopiù cose scontate e abbastanza banali.
Ogni ragazzo cresce in un'epoca; questa è un'epoca in cui noi adulti abbiamo fatto un po' un casino, non abbiamo messo insieme un mondo molto vivibile. I ragazzi di oggi per l'appunto sono nati in quest'epoca, la affrontano con le loro difficoltà, come abbiamo fatto tutti, ma anche con la loro età, con la loro energia, con i loro dubbi. Rispetto all'ospitalità, per dire una cosa positiva, credo che, per un ragazzo che è in Trentino e che vuole dare un senso al proprio esserci, a lasciare la propria impronta, diventare un buon manager o comunque una persona competente nel campo dell'ospitalità è una grandissima opportunità. E che per far questo il ragazzo utilizzi tutti gli strumenti che il Trentino gli dà a disposizione, è un altro aspetto positivo.
Questo mondo trentino non sta seduto, non aspetta che arrivino opportunità. Le costruisce. È un sistema, il nostro, fortemente vocato al turismo e alla formazione per il turismo. E su questo ci giochiamo la partita: o siamo in grado di cambiare marcia, o altrimenti siamo già vecchi. Come le scuole, che non riescono a stare al passo con i tempi. Parlo delle scuole tradizionali, la mia per prima. Abbiamo dei grossi limiti nelle scuole di base, perché il modello scolastico deve affrontare talmente tante problematiche di altro tipo che la professionalizzazione si sposta più avanti.
Qual è la grande riflessione? Come possiamo costruire un sistema integrato trentino molto più performante sul piano delle alte formazioni? Salviamo le scuole base come sono, facciamo magari alcuni miglioramenti e puntiamo il più possibile sul lavoro. Io sono uno strenuo difensore del sistema duale, per me è la soluzione, e ci vorrebbe molto più coraggio nel metterlo in campo fin dai 16 anni. Il duale modello tedesco, quella è la strada: ci vuole coraggio per farlo.
Però poi la sfida ce la giochiamo se riusciamo a immaginare il Trentino come un grande ecosistema formativo sull'hospitality. Questo significa fare una grande mappatura dei bisogni dei territori, e sulla base di questo ridisegnare l'offerta e diversificarla, anche per specializzazioni. Ma dobbiamo costruire un ecosistema in cui ci sono diversi soggetti, quali le scuole, gli enti formativi, le aziende, in una partnership che deve cambiare marcia rispetto alle abitudini, perché le abitudini con cui scuola e azienda si sono parlate finora non hanno mai contemplato l'uso di un vero linguaggio comune. L'azienda continua a fare l'azienda, la scuola continua a fare la scuola. Con il sistema duale è possibile costruire un ponte, che può aiutare molto, per arrivare a un ecosistema formativo inteso come territorio in cui si diffonde la cultura dell'ospitalità, su più livelli di formazione, e con più soggetti che lavorano in modo sinergico.