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XXIV BITM - L'intervento di Anna Viganò

Categoria: Tutela del territorio

Anno: 2023

XXIV BITM - L'intervento di Anna Viganò

Relatore: Anna Viganò - Presidente dell'Istituto nazionale di urbanistica/sezione Trentino

Tag associati: SostenibilitàSviluppo economicoInfrastrutture


Lo stesso impianto della legge urbanistica provinciale, lo stesso PUP, nel momento in cui i PTC sono di fatto venuti a mancare (nel senso che quasi nessuno ha raggiunto la conclusione dell'iter pianificatorio) ha avuto difficoltà nel mettere a terra la visione che ci stava dentro. Oggi abbiamo ancora un sistema di pianificazione costruito su tre livelli: il Piano Urbanistico Provinciale, i Piani Territoriali di Comunità e i Piani Regolatori Generali. Un sistema di pianificazione che, soprattutto nella parte comunale, è molto ancorato a un concetto di zoning, di identificazione funzionale delle singole aree, e che anche nella pianificazione sovraordinata si è poi trovato costretto a scendere nel dettaglio puntuale, sia nel disegno pianificatorio che nella previsione stessa.

È un sistema di pianificazione un po' anomalo rispetto a quello che avviene nel resto del territorio italiano, dove i PRG negli anni sono stati sostituiti da un sistema bipartitico di pianificazione territoriale, che ha permesso la nascita dei piani strategici; ovvero di quella pratica legata al masterplan, di un oggetto di pianificazione, che permetteva di esprimere sul territorio una visione di sviluppo; non andando a regolamentare il singolo ambito, ma disegnando sul territorio le linee di sviluppo dettate dal sistema. Andando a mancare i piani di comunità, è andata a mancare questa visione strategica, di ambito, necessaria per riuscire a dominare anche una realtà così diversificata com'è quella trentina. Questo poi non ha aiutato la stagione di varianti dei piani regolatori; qui bisogna distinguere tra le varianti generali e quelle dei centri storici, che sono due strumenti sempre insiti nella pianificazione comunale ma diversi. Pochi comuni hanno preso in mano tutto il piano regolatore generale, e ci si concentra molto su quelle che sono le varianti ai piani generali dei centri storici, che sono ovviamente quelle di prima implicazione. Quella che è l'organicità del territorio anche solo comunale viene un po' a perdersi.

Si dice spesso che i PRG sono già vecchi. Molto spesso è vero, ci sono tanti processi riguardo ai quali il piano regolatore non fa altro che “mettere tutto insieme” e portare su carta. Sicuramente oggi abbiamo bisogno di rivedere il sistema, credo che ci sia bisogno di tornare a parlare di urbanistica e di territorio. Riallacciandomi a quanto è stato detto prima, mi vengono in mente due cose. Prima di tutto che i sistemi di pianificazione e quindi di programmazione funzionano. La pianificazione di un territorio non è solamente il disegno cartografico; c'è poi tutta una programmazione di azioni su quella base strategica. Se questo sistema funziona, potenzialmente può essere un buon sistema da seguire, però è anche vero che questo sistema funziona solo se c'è un coordinamento dei tre strumenti. Trovarsi a parlare solo ed esclusivamente di un nuovo PUP ha un senso nel momento in cui preparo il terreno a una discesa di scala del rimanente sistema di pianificazione; altrimenti il rischio è sempre quello di rincorrere poi con gli strumenti di pianificazione una realtà che nel frattempo è cambiata, andando poi a produrre dei Piani sotto-ordinati, che non riescono a essere efficaci sul territorio. In un momento in cui si va ad approcciare un processo di pianificazione provinciale credo sia bene evitare l'errore dell'altra volta, preparando cioè un substrato, affinché poi i PTC e i PRG trovino effettivamente redazione.

L'altra cosa che anche come INU nazionale è molto discussa riguarda le base conoscitive e la condivisione delle informazioni territoriali che abbiamo. Come INU siamo usciti recentemente dal congresso dei cartografici, che è stato fatto a Rovereto a ottobre; è stata un'esperienza molto interessante, con lavori che producevano un dato di base analitica e conoscitiva interessante, che però spesso rimane bloccato negli enti che lo hanno prodotto, senza essere condiviso tra i soggetti chiamati a pianificare. Va sottolineato che ci sono anche i piani di settore, i piani di bacino, i piani di gestione forestale, i piani dei parchi, tutte informazioni che a un certo punto dovrebbero convergere all'interno dei piani urbanistici, provinciali o quantomeno di area.

Prima è stato ricordato che intraprendere un processo di pianificazione, come può essere quello del PUP – ma lo vediamo anche nelle varianti dei piani regolatori generali – è spesso un processo molto lungo. È vero; credo anche che se ci fosse un comparto analitico, una base dati costantemente aggiornata, condivisa e divulgata, questo potrebbe rendere la pianificazione molto meno anacronistica rispetto a quella che è oggi, rendendo i piani un elemento flessibile e aggiornabile sulla base di elementi conoscitivi chiari. Questo permetterebbe al sistema di pianificazione di essere più previsionale, e di avere un ruolo strategico più efficace nel riuscire a dominare fenomeni legati anche al cambiamento climatico, e di agevolare inoltre l'esercizio di piano.

Il cambiamento climatico dovrebbe sicuramente essere una parte del proprio PUP, sapendo che il futuro delle località alpine dipende anche da questi cambiamenti. Il consumo di suolo zero deve essere per esempio un punto di partenza, in un tentativo di proteggere la materia ambientale nel senso più ampio. Questo ha molto a che fare con lo sviluppo del territorio, che deve passare anche per il recupero del patrimonio turistico esistente (come hotel, seconde case, strutture di servizio).

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