Il riconoscimento UNESCO, come sapete, attesta l'unicità di questo paesaggio montano dolomitico. Unicità che però non è sufficiente per mantenere questo riconoscimento, deve sposarsi anche con una grande integrità del territorio, e anche con l'assicurare una gestione dei flussi e delle infrastrutture, sempre sostenibile e compatibile, puntando a mantenere questa bellezza anche per le generazioni future. Il tema della destagionalizzazione per la Fondazione Dolomiti UNESCO è importantissimo, proprio perché si riconosce che nonostante tutte le biodiversità che incontriamo nell'ambito del territorio dolomitico, è necessario un riequilibrio dei flussi, delle tipologie di turismo e del rapporto tra turista e residente.
Siamo a favore della destagionalizzazione, quindi, siamo felici che questo tema venga approfondito. Destagionalizzazione però non intesa come prolungamento dei picchi, quanto come un riequilibrio a beneficio del rapporto tra turista e residente, e anche un riequilibrio di numeri e di attività, che devono in qualche modo tutelare le nostre montagne. Su questo vorrei fare un accenno alle tipologie di turismi che possono sostenere la destagionalizzazione. Molto spesso gli habitat dolomitici sono habitat vulnerabili, e mi augurerei che ci fosse il tentativo di costruire un prodotto turistico basato sulla consapevolezza dei valori territoriali, quindi anche sul valore del paesaggio e della geologia, in ottica di “non contrapposizione” tra quello che è il riconoscimento e quelli che sono i flussi turistici. Avere un riconoscimento UNESCO è compatibile con lo sviluppo turistico, deve esserlo, perché le popolazioni di montagna devono poter continuare a restare nelle vallate, e avere una vita dignitosa, mantenendo inoltre la gestione del sito. Al tempo stesso ci rendiamo conto che ci sono alcune attività sportive e ricreative che potrebbero confliggere con l'integrità del bene. Quindi va benissimo la destagionalizzazione, ma attenzione a sostenerla con dei prodotti all'insegna dei valori territoriali e all'integrità del territorio.
Il riconoscimento può essere un modo per attirare visitatori, però poi il visitatore va accompagnato nell'interpretazione del bene, e nel riconoscere questo territorio come un'eccellenza. Quest'ultima si basa su elementi scenografici del paesaggio, su elementi di possibile cultura dei luoghi, non deve essere un'eccellenza che si basa sull'incremento dell'infrastrutturazione. Credo che il nostro territorio possa offrire tanto anche in termini di trasmissione dei valori del riconoscimento UNESCO, quindi di paesaggi, di geologia, di valore scientifico del territorio. Elementi che possiamo ancora esplorare meglio a livello turistico, che non necessitano di costruzione di impianti, piste o nuove infrastrutturazioni, e che possono offrire una possibilità soprattutto nei periodi di bassa stagione.
La mia percezione è che, tra gli operatori, la necessità di un cambio di paradigma è qualcosa che troviamo a macchia di leopardo sui territori dolomitici; ci sono ancora tanti territori che ritengono di lavorare su modelli degli anni Ottanta e Novanta, con l'ammodernamento delle infrastrutture come unico elemento di attrattività. Credo che in questo momento abbiamo grande bisogno di formazione degli operatori. Ci sono molti territori che offrono al turista un'accoglienza calorosa anche grazie alla capacità degli operatori di raccontare il territorio, capacità che altrove non è presente in egual maniera. Di certo in Trentino abbiamo alcune eccellenze, anche per il rapporto tra i territori e alcune grandi istituzioni culturali, come è il MUSE, com'è il Museo Geologico a Predazzo. Esistono delle realtà che possono supportare questo cambio di paradigma; anche la Fondazione, nel suo piccolo, è a disposizione per collaborare per la costruzione di nuovi paradigmi.