Vi ringrazio per l'invito e per ospitarmi in questa città. È davvero una città accogliente, ero stata a Trento molti anni addietro, non la ricordavo bene: da “visitatrice” ho avuto un impatto emotivamente positivo. Non avviene sempre così, devo essere onesta. Prima di arrivare al tema, devo fare i complimenti ai miei colleghi di Confesercenti, che hanno creduto in questa manifestazione e tanto hanno lavorato per poterla realizzare.
L'economia turistica è importante, noi che lavoriamo in questo comparto lo sappiamo, anche se è difficile farlo capire ai più. Ma la dimostrazione fondamentale la abbiamo avuta durante la pandemia. Il comparto del turismo è stato il primo ad andare in sofferenza, e ha sofferto molto; ma poi è stato anche il primo a essere in grado di ripartire, e di riportare sul territorio un'economia importantissima, non solo per le aziende del turismo, ma anche per gli altri comparti. Il turismo non è infatti solo l'albergo o il ristorante, è anche l'edicola, il negozio che fa la caratteristica di quel territorio. Quando si parla di economia turistica si parla di tutto un comparto. E quando si parla di tutto un comparto si parla anche della comunità che accoglie il turista, che trasmette quegli elementi di cultura che il territorio ha intrinsecamente; e il visitatore, che viene e che ci sceglie, desidera anche quelli.
Per anni abbiamo vissuto pensando di dormire sugli allori: abbiamo le belle montagne, il bel mare, il bel clima, la buona enogastronomia. Ma abbiamo poi visto che i competitor sono molto forti, e che rischiamo che questi elementi finiscano in secondo piano. Al di là della ripercussione che questo potrebbe avere in campo economico, lo vedo come un patrimonio perso. Viviamo in un territorio ricco non solo di bei paesi, ma anche di storia, di cultura, e questo lo si deve riuscire a trasmettere e a mettere a reddito, senza rovinare e sciupare il territorio, senza creare un attrito tra comunità resistente e visitatore. Si può fare.
Dobbiamo lavorare per permettere di raggiungere in modo più semplice il nostro territorio. Abbiamo un problema infrastrutturale estremo. Io vengo per esempio da Genova, e per il mio ruolo mi sono dovuta trasferire a Roma, perché ci vorrebbero altrimenti cinque ore di macchina, di volo o di treno. C'è il tema infrastrutturale, e c'è quello dell'accoglienza, poiché il visitatore è giustamente sempre più esigente. Nessuno obbliga i visitatori a venire da noi; si capisce la loro esigenza di assaporare una cultura, un territorio, e per questo dobbiamo lavorare sulla capacità di trasmettere questi valori.
La comunità accogliente è fatta da imprese che fanno turismo, da residenti che non devono vivere il visitatore come un usurpatore. Cosa che spesso purtroppo avviene, per lo più per un'organizzazione errata. E qui si arriva per l'appunto al tema della destagionalizzazione. Con un clima come quello che abbiamo, tutte e quattro le stagioni possono essere vissute: non tutti vogliono solo sciare, oppure solo nuotare; c'è chi cerca il turismo culturale, altri che cercano il turismo del benessere (che va oltre le saune e le terme). Ma come si fa a ottenere questi risultati? Lo dicevamo ieri, all'evento collegato della BITM dedicato alla presentazione del libro “Il turismo di montagna: sfide e opportunità di un settore in trasformazione”: è necessario fare sistema. E purtroppo questa è una di quelle incapacità, di quei limiti che l'essere umano ha, e che noi abbiamo molto. Lo dico ai ragazzi che sono in sala: cercate di mantenere la vostra elasticità, non imparate da noi a essere rigidi, perché è solo sapendo fare sistema e superando gli steccati che si ottengono i risultati. Cosa che dobbiamo fare quanto prima anche noi: in caso contrario questi stessi ragazzi in sala, tra 20 anni, penseranno a noi come a persone che si sentivano ognuna “l'ombelico del mondo”. Dobbiamo fare sistema, perché superando questi steccati abbiamo davanti a noi una prateria.
Abbiamo bisogno sempre di più di preparazione in questo settore; non ci si può inventare in nessuna professione; per qualsiasi professione dobbiamo sapere di che cosa stiamo parlando, dobbiamo mantenerci aperti, elastici, per continuare a recepire il nuovo, senza avere paura del cambiamento, un timore che ci taglia le gambe. Chi fa impresa deve fare questo: se voglio stare in piedi, devo capire cosa vuole il mercato e come devo interagire con gli altri soggetti del mercato e della comunità.