Volevo ringraziare il professor Zanon, perché ascoltare i professori universitari per noi è importantissimo. Stavo riflettendo su quanto ci manca questo apporto, la possibilità di attingere alla conoscenza accademica. Negli anni Novanta questo scambio c'era, c'erano dei momenti in cui ci si rivolgeva ai consulenti, si ragionava sulle impostazioni delle politiche, con loro si formava una classe dirigente dell'ente pubblico. Poi è arrivata quella fase sciagurata della demagogia, che ha accompagnato la crisi tra il 2008 e il 2014, che è stata accompagnata da scelte fatte a livello nazionale che abbiamo dovuto recepire. Sono stati chiusi due tipi di rubinetti nella Pubblica Amministrazione: quello delle risorse umane in entrata, e quello dell'accesso al sapere che si forma al di fuori dell'Amministrazione, con l'impossibilità di affidare incarichi. Adesso le porte in entrata si sono riaperte; peccato però non avere più la possibilità di fare gli affiancamenti.
Chiusa questa parentesi, credo di essere l'unico dirigente che parla in questi giorni, tranne altri dirigenti che hanno a che fare con le “calamità”, e quindi non posso certo prevedere i loro interventi. Possiamo fare un punto sul PUP del 2008, sullo stato dell'arte, e su quanto ci sarebbe ancora da fare, considerato anche che nel programma del Presidente Fugatti c'è un accenno a un'esigenza di un nuovo Piano Urbanistico Provinciale. Ma questa cosa è chiaramente interpretabile; il PUP del 2008 non è nato come i due piani precedenti, come strumento statico. È un piano a processo, che è nato per non invecchiare mai, che prevedeva delle modalità per rimanere giovane. Come intendeva farlo? Con degli strumenti di flessibilità. Certo, questi strumenti sono rimasti in buona parte inattuati. E questa è la ragione per la quale circola negli ambienti economici questo giudizio negativo su un piano rigido, che però non lo è.
Il PUP 2008 è tecnicamente molto bello. Poggiava parte della sua flessibilità su strumenti che non sono avanzati: parlo di programmazione settoriale, di piano provinciale della mobilità, che è stato approvato solo per stralci, di piani forestali e montani, e soprattutto della pianificazione prevista sulla comunità. Lo strumento principale di flessibilità del PUP era infatti quello dei Piani territoriali delle comunità. Ne abbiamo uno approvato a tutto tondo, quello dell'Alta Valsugana e Bersntol; gli altri sono partiti, ma non sono andati avanti se non per alcuni stralci o per alcune aree produttive, lì dove non si poteva evitare di andare avanti. È questa la ragione della critica, perché di per sé il PUP del 2008 è stato realizzato a partire da valori – che sono una questione di comunità, non di maggioranza o di ideologia – in cui tutti possono riconoscersi. La ricerca di un'identità trentina tra tradizione e innovazione, identità che era vista come elemento su cui costruire anche la differenziazione – anche a livello turistico – che ci consentisse di essere attrattivi. A garantire quell'identità era, secondo il PUP del 2008, il paesaggio, e quindi anche le politiche in materia paesaggistica. L'altro grande aspetto è la ricerca di adeguatezza delle condizioni per la crescita umana, intellettuale e sociale: c'è uno slogan del “Trentino come terra bella in cui è bello vivere”.
Questi grandi temi sono condivisi e condivisibili da tutti sul nostro territorio. Ed è questo il cuore del PUP del 2008. Un nuovo PUP si può fare, ma guardiamo quello che abbiamo, che probabilmente è già tanta cosa, ed è condivisibile; si tratterebbe magari di intervenire per fare quello che non si è fatto. E qui chiaramente ci dobbiamo porre delle domande rispetto al perché la pianificazione a livello intermedio non è andata avanti. Qui sta il ruolo della politica, andare a capire perché questo non è stato fatto, e se ci sono le condizioni per farlo in questa legislatura. Io sono all'urbanistica da due anni, quindi da poco; in questi due anni mi è capitato di avere solo un paio di rappresentanti di comunità, che sono venuti a chiedere “perché non possiamo prendere in mano noi il PTC (Piani Territoriali delle Comunità)?”. Noi abbiamo risposto “ben venga”. Perché obiettivamente è quello su cui si dovrebbe intervenire, perché l'urbanistica ha l'esigenza di un Piano provinciale definito su grandi scelte, pericolosità, eccetera; ma a livello territoriale, la dimensione ottima minima di questa competenza non può essere quella comunale, è quella di valle. Quando parliamo di paesaggio come possiamo pensare che la dimensione sia quella comunale? Ovviamente non lo è, quando parliamo di servizi che sono sovracomunali. Il nostro è un lavoro di adattamento e di ricerca di soluzioni rispetto a un quadro che non è stato completato, per la mancanza del livello intermedio, e lo dico anche per la difficoltà che questo ci porta a livello organizzativo. Non voglio attribuire a questo tutti i problemi, ce ne sono altri, ci sono sicuramente aspetti del PUP che, al di là della flessibilità e delle possibilità di approfondimento, andrebbero probabilmente aggiornati già oggi.
Penso per esempio al tema del cambiamento climatico, che parla anche al PUP. Se dovessimo incorporare le necessarie strategie di mitigazione e adattamento, probabilmente varrebbe la pena mettere in discussione l'impianto stesso del PUP. Ma fare un nuovo PUP vuol dire mettersi a lavorare oggi e continuare almeno per tutta la legislatura.