Come nasce il bisogno di simboli, anche all'interno della nostra cultura turistica? È una domanda che dobbiamo farci, alla quale voglio rispondere con tre simboli, con tre immagini. La prima è la fine del lungo ciclo di sviluppo della montagna e delle Alpi. Fino all'Illuminismo, fino al Romanticismo, all'inizio dell'epoca moderna, le Alpi erano un territorio che incuteva paura, cariche di mitologie, di simboli: il territorio del mistero e della paura. Con l'Illuminismo inizia quel lungo ciclo che porterà poi al turismo di massa. Allora non c'erano limiti, davanti a sé i pionieri del turismo avevano una prateria libera, da occupare con quelle idee di sviluppo che abbiamo poi conosciuto. Oggi le Alpi sono un territorio finito, un territorio che si scopre fragile, come detto prima da Martini. Si parlava delle montagne come idea di infinito, di solidità, di eternità. Oggi scopriamo che con le modificazioni climatiche le montagne sono fragili, oltre che a rischio spopolamento, stressate, cementificate. Questo lungo ciclo di sviluppo ha bisogno quindi di altri sfondi di significato, per pensare cosa fare domani, per le nuove generazioni.
Il secondo dato rientra nel tema più generale del declino dell'Occidente. Che non deve essere per forza inteso negativamente. È un atto di consapevolezza sul fatto che il nostro sistema di pensiero si è ridotto a mera tecnica. Non lo dico io, c'è dietro il pensiero di diverse correnti filosofiche. Dall'essere degli antichi, che presupponeva saggezza, psicologia, religione, eccetera, ci siamo ridotti a tecnica. Il pensiero dell'idea cosmica della conoscenza si è ridotto a un ente causale che ha sostanzialmente una fisionomia fisica. Abbiamo quindi bisogno anche qui di sfondi di significato più profondi, più veri, più autentici, meno tecnologici, più manuali, anche durante la vacanza. E tutto deriva per l'appunto da questa grande crisi: di fatto buona parte dei best seller del Novecento si concentra proprio su questa crisi, di cui per l'appunto il Novecento aveva consapevolezza.
Infine, concludo con il terzo punto di vista: le Alpi sono una speranza, perché hanno un valore salvifico, possono essere un nuovo inizio, di un pensiero che fa pace con la natura, che fa pace tra gli uomini. Spero per esempio che la Campana dei Caduti possa diventare una Campana di pace a tutti gli effetti, perché abbiamo bisogno di simboli di riconciliazione. La vacanza tra le Alpi può ritornare a rappresentare questa cosa qui. Questo concetto va costruito, so che in tanti ci state lavorando. È una possibilità che possiamo darci. C'è solo una condizione molto semplice: bisogna crederci. Se pensiamo che la montagna sia un luogo a cui dobbiamo aggiungere protesi, come per esempio terrazze di vetro in cima a una vetta per “aggiungere nuove emozioni”, se pensiamo che questo grande patrimonio che abbiamo non sia sufficiente, se quindi non “crediamo” nella montagna, tutto questo discorso semplicemente non si può fare.