Il filo conduttore è quello della comunità: lo sforzo collettivo è quello di riqualificare le comunità. Noi siamo urbanisti, sociologi, abbiamo una formazione variegata, ma che non viene esattamente dal turismo. Siamo partiti dall’idea di intervenire in territori che negli ultimi anni sono stati un po’ in sofferenza. Crediamo nel potenziale delle aree meno conosciute e periferiche, per offrire a ogni territorio un futuro sostenibile.
Abbiamo pensato, partendo da quello che era il patrimonio immobiliare che era sottoutilizzato, a mettere in atto un processo di riqualificazione di questi immobili dismessi, per provare a ricreare un turismo di comunità in queste zone. L’idea si è poi declinata in un’ottica di ospitalità diffusa, che si basa sulla valorizzazione di edifici e di abitazioni esistenti, cercando di coinvolgere anche gli esercizi commerciali e le potenzialità del luogo.
Il tema dell’ospitalità turistica negli appartamenti è al centro di un dibattito anche molto acceso in questo ultimo periodo. Siamo convinti però che anche l’overtourism, laddove c’è, esiste anche perché non si è governato questo fenomeno fin dall’inizio. Il tema che cerchiamo di portare anche nelle amministrazioni con cui lavoriamo è di provare a dare degli strumenti per governare questi fenomeni.
Abbiamo iniziato a lavorare con le pubbliche amministrazioni in località al di fuori dei grandi flussi. Abbiamo cominciato in Trentino, ma siamo ora presenti anche in Lombardia e in Piemonte. Siamo interessati a lavorare non tanto nei luoghi più frequentati, o dove il fenomeno delle seconde case per il turismo può diventare un problema, quanto nei luoghi meno noti, marginali, ma che in realtà possono risultare appetibili per i fruitori. Non vogliamo solamente portare delle abitazioni: queste si trovano all’interno di un ecosistema che andiamo a creare con le amministrazioni, con i proprietari delle case e con i turisti. Riusciamo a dare alle amministrazioni più strumenti, sia per governare il fenomeno del turismo che per promuovere una crescita locale.
Parliamo di seconde case: le statistiche ci dicono che vengono spesso usate meno di 15 giorni all’anno; facendo delle analisi urbanistiche vediamo inoltre che l’età dei proprietari degli immobili è spostata verso i 65 anni, nella fascia più anziana della popolazione. Persone che magari hanno delle difficoltà nel cogliere le opportunità di un mercato turistico che è quasi esclusivamente online. Vengono così accompagnate a capire le potenzialità, viene fornita loro una simulazione del rendimento e vengono supportate nella riqualificazione, anche con dei partenariati con gli istituti di credito del territorio.
Come facciamo a mantenere questa casa prima che si deteriori? Il supporto è ad hoc, tagliato su misura su tutti i proprietari; vengono coinvolte tutte le realtà locali, proprio per le specificità che vogliamo portare in questi luoghi. L’idea è quella di creare un circuito tra questi soggetti, per dare al turista un’esperienza autentica in luoghi meno frequentati, ma da valorizzare. È un turismo di comunità, per certi versi.
In Trentino siamo attivi in 18 Comuni, prevalentemente in Bassa Valsugana, in Alta Val di Non, a Brentonico, a Terragnolo, nella Valle dei Laghi. Tutte zone che non fanno parte delle aree più turistiche, ma che possono avere una vocazione. Val di Non e Brentonico in realtà hanno avuto grandi attrattività in passato e in seguito al cambiamento dei fenomeni turistici sono entrate un po’ in difficoltà. Guardando quante sono le seconde case in questi luoghi troviamo numeri stupefacenti, che meravigliano gli stessi amministratori.
