È un piacere avervi qui anche quest’anno e consolidare questa sintonia, che è di obiettivi: quello che si fa qui è infatti provare a ragionare sul futuro, e farlo partendo da elementi che qui sono sostanziali, anche nell’architettura dell’edificio. Parliamo di montagna dentro a una montagna, è il luogo più appropriato per farlo.
Come continuare a essere un polo attrattivo? Proverei a ragionare insieme su due orizzonti, uno più legato ai luoghi e alle persone e uno più legato alle tematiche. Il museo non esiste se non è abitato; dall’altra parte ci sono i temi che sono strettamente connessi a quelli a cui è dedicata questa BITM. Provo a trovare una sintesi tra questi due elementi importanti della nostra programmazione.
Il museo è un organismo a livello locale, per la città di Trento. E questa è in realtà una necessità per ogni museo contemporaneo, è un trend che vediamo in tutto il mondo, che vediamo nei musei medio o grandi, per arrivare fino al Louvre: quello, cioè, di essere un centro di rilevanza magari nazionale, ma d’altra parte di avere anche la necessità di essere in piena sinergia con la comunità locale con cui opera. Come a dire che non esiste una distinzione tra museo piccolo o grande quando la lente attraverso la quale guardiamo è rappresentata dalla sua comunità. Anche un museo rilevante e con impatti positivi globali come il Louvre si è scoperto un po’ debole a livello locale, e c’è quindi in corso un enorme lavoro per riappropriarsi della propria comunità, che è quella parigina.
La questione della comunità dentro la quale lavora un museo è certamente un elemento importante nella sua programmazione. Se invece leggiamo la cosa attraverso il turismo, il MUSE può portare qualche buon riferimento: il 70% dei fruitori dei servizi di questo museo, dai visitatori a chi partecipa alle attività per il pubblico, proviene da fuori Trentino. Certifichiamo quindi il fatto che il MUSE funziona anche come attrattore turistico.
Contiamo 540mila fruitori all’anno della rete MUSE, di cui il 70% non trentini. Il richiamo turistico è chiaro. Il tema è: quanto questa attrattività del MUSE – che sappiamo non essere l’unico motivo di visita di Trento o del Trentino – genera ricadute positive sul territorio? Non dobbiamo considerare solo la bigliettazione dentro al MUSE, non solo l’indotto ristretto che gravita intorno a quel 70%, ma guardare anche al di fuori di questo.
Stiamo cercando di immaginare il MUSE e la sua rete di piccoli musei sul territorio come un museo esteso. Non solo diffuso, ma anche capace di generare senza soluzione di continuità un rapporto con il territorio, che consenta di generare questa idea di museo esteso, in cui a un certo punto perdo la chiara distinzione di essere di fronte a qualcosa che afferisce al MUSE. In quel momento si perde il riferimento al brand MUSE, ma diventa centrale il metodo che il MUSE porta per espandere la sua attrattività, per farla diventare strumento di valorizzazione comune.
Da un punto di vista legislativo, come anticipato dalla nostra vicepresidente e assessora Gerosa, nella nostra legislazione provinciale esiste l’istituto Distretto Culturale, che rientra nella Legge della Cultura, che non è mai stato in realtà attivato, ma che potrebbe funzionare proprio in questo senso. Si potrebbe avere, cioè, un attrattore principale come il MUSE che porta un metodo anche in modo esteso e territoriale su tutta la provincia, così da avere una rilevanza anche per la piccola e media imprenditoria, che sappiamo essere il tessuto su cui si basa il Trentino. Penso che questo sia un ruolo interessante, e un po’ meno autoriferito, per un museo.