ESG non è altro che un acronimo che definisce i pilastri dello sviluppo sostenibile, ovvero quello sviluppo che soddisfa i bisogni delle generazioni attuali senza però compromettere le opportunità delle generazioni future di poter soddisfare i loro bisogni. Parlare di sostenibilità vuol dire quindi fare riferimento a un patto intergenerazionale. Tutto il resto sono declinazioni.
La sostenibilità permea l’intera società e tutto quello che viviamo ogni giorno. Nel caso del Trentino, la sostenibilità è inoltre nelle radici dell’Autonomia. È vero, quando parliamo di sostenibilità oggi parliamo di regolamentazione europea, di cambiamento climatico, temi che sembrano molto lontani. Ma il Trentino era una terra di risorse scarse ed è stato abituato a gestirle e a metterle in condivisione nella comunità, rafforzando il senso di appartenenza e la solidarietà, i veri temi della sostenibilità.
In Trentino Sviluppo siamo a supporto della Provincia, che ha deciso di investire nella creazione di un framework, e quindi di un modello di riferimento, a supporto della sostenibilità; un framework che coinvolga tutto il territorio. Ciò vuol dire che stiamo lavorando per definire delle modalità sulle quali la stessa Provincia si metterà in gioco: l’obiettivo è arrivare a un rating ESG entro la fine della legislatura. In questo momento il processo sta vedendo i primi risultati, con una nuova modalità di definizione del marchio territoriale, che sarà declinato secondo propri criteri ESG. Le imprese che vorranno utilizzare il marchio dovranno iniziare a dimostrare quanto sono sostenibili.
Sembra che siano vincoli, ma in realtà sono opportunità: la stragrande maggioranza delle imprese non farà fatica a dimostrare di essere sostenibile. Dovranno infatti solo rendere visibile e valorizzare quello che stanno già facendo.
La Provincia, nel momento in cui ha introdotto nel suo piano strategico questo obiettivo di medio periodo di raggiungere il rating, si mette in prima fila, ma chiederà il contributo di tutti. Per permettere che la Provincia sia definita sostenibile, infatti, tutti – cittadini, associazioni di categoria, imprese, istituzioni – dovremo fare il nostro lavoro, all’interno di regole precise. Regole che non ci mancano, perché l’UE è l’esempio principale della regolamentazione, con direttive e framework ben stabiliti. La vera sfida, come dicevo, è che dobbiamo imparare a definire in modo oggettivo quello che in realtà sappiamo già fare, passando da un racconto alla dimostrazione. Siamo abituati a fare le cose, ma non sempre le mettiamo in evidenza nel modo corretto.
Il marchio territoriale prevede dei requisiti precisi, delle quantificazioni, delle soglie minime, il tutto corrisponde a delle attività che vengono già fatte. Il requisito che mi piace di più è quello della valorizzazione dell’impresa della comunità locale, a prescindere dal tipo di impresa. Si tratta di un lavoro che viene fatto insieme a tutti, per operare nella stessa direzione; sicuramente la certificazione non è un punto di arrivo, è un modo per definire un punto di partenza.
Altro elemento su cui stiamo lavorando, e anche qui ci viene in supporto la normativa UE, è che i bilanci e i reporting di sostenibilità non sono dei vincoli, sono dei piani di miglioramento, delle sfide che le imprese si pongono secondo le proprie specificità, con degli obiettivi che sono le stesse organizzazioni a definire. Spetta poi a loro l’impegno di raggiungere quegli obiettivi.
Il nuovo marchio aiuterà la promozione del territorio e sarà utile per attirare nuovi talenti e sicuramente anche per trattenere i nostri giovani.