Vengo sempre qui molto volentieri, ci sono sempre degli stimoli molto interessanti. Voglio dire una cosa che riguarda molto i giovani. Tutto quello di cui si è parlato stamattina richiama una parola: “transizione ecologica”. Ormai ne parlano tutti. Ma secondo voi, cos’è? Qui qualcuno ha parlato di transizione energetica, qualcun altro di transizione sociale, oppure economica. Ma il problema è questo: di fronte a una crisi globale che abbiamo davanti, c’è bisogno di cambiare tutto, di lavorare su nuovi paradigmi.
Sapete quando c’è stato il primo cambiamento? Quando è successa la prima grande transizione? La rivoluzione industriale ha cambiato il modo di produrre il cibo, il modo di produrre merci, i rapporti tra città e campagna. Tutto. Siamo nella fase conclusiva di questa rivoluzione industriale, perché c’è una crisi determinata dal fatto che proprio la produzione industriale ha cambiato tutto.
Le crisi climatiche sono infatti determinate dalla nostra produzione di anidride carbonica, con il sistema di organizzazione della società che è entrato in crisi. E le conseguenze di questi cambiamenti le pagheranno i ragazzi. Quindi oggi c’è bisogno della transizione ecologica: il che vuol dire fare una nuova rivoluzione, che cambi i modelli di produzione, di distribuzione, di consumo, di gestione della città. Deve iniziare e deve portarci a una nuova sostenibilità. Questo sistema non è più sostenibile: lo stanno già pagando i Paesi del Terzo Mondo, e lo pagheremo presto anche noi.
Dobbiamo lavorare sul fatto che non è possibile avviare una transizione ecologica se non attraverso un dialogo tra tutti i saperi. Dobbiamo mettere insieme diverse competenze. La crisi energetica richiama quella economica, che richiama quella sociale, e via dicendo. Tutti devono dialogare, i saperi devono dialogare. E non è tutto qui: bisogna iniziare a sostituire le proposte con i progetti, che devono avere come obiettivo la rigenerazione. La nostra società sta consumando troppo, e sta distruggendo il patrimonio ambientale, sociale, culturale. Oggi il compito dei giovani è quello di pensare dei nuovi paradigmi per una cultura della rigenerazione. Non basta più limitarsi a “difendere”.
Voglio poi dire due cose ai ragazzi. Devono iniziare a ragionare per capire su quali valori intendono fondare la loro vita. Tutte le generazioni si sono date degli obiettivi e dei valori. Negli anni uno dei valori principali era per esempio avere successo. Oggi è ancora questa la cosa più importante? In un mondo che sta andando a scatafascio, l’importante è apparire? O ci sono dei valori diversi?
Oggi probabilmente dobbiamo iniziare a pensare che sì, l’economia materiale conta, ma che probabilmente l’economia delle relazioni conta di più. Una persona che ha tanti soldi, ma che non ha né amici né rispetto, probabilmente non rappresenta una prospettiva a cui guardare.
Puntare sull’economia delle relazioni vuol dire puntare su valori diversi. Ognuno di noi deve rimettere in discussione la propria scala dei valori. Il profitto è un valore, ma lo sono anche la solidarietà, l’essere parte di una comunità, l’avere dei comportamenti ecologici.
Le scelte che sono state fatte in passato hanno portato alla distruzione del pianeta: noi siamo andati in questa direzione, i giovani devono invece impegnarsi nella ricostruzione del pianeta. E devono quindi acquisire delle competenze in tal senso.
