Ci abbiamo messo un po'. Finalmente i Borghi più belli d'Italia, come anche le Bandiere Arancioni del Touring Club, con cui collaboriamo strettamente, sono emersi. C'è voluto il Covid per far capire che l'Italia non è solo Roma, Venezia e Napoli, ma è anche il territorio, è anche il borgo. Però stiamo cercando di far capire che bisogna uscire dal binomio “borgo” e “turismo”: un borgo è prima di tutto una comunità. E il discorso fatto da Federico Samaden va proprio in questa direzione.
Una comunità che vive bene in un luogo diventa automaticamente ospitale. Se in un territorio ci sono servizi efficienti, se c'è tutto quello che serve per vivere bene, automaticamente diventa ospitale, con il turismo che diventa un effetto naturale. È una cosa scontata: è meglio vivere in un posto bello che in un posto brutto. Ma non è semplice, perché di solito i posti belli sono quelli più isolati, che sono rimasti più autentici, dove è più complicato vivere. E allora c'è tutto il tema che sta venendo fuori in modo potente, dell'accessibilità fisica e dell'accessibilità digitale. Questo fenomeno dello smart working, nuovo per l'Italia, dobbiamo favorirlo. Perché i borghi hanno bisogno di due cose: evitare che i giovani se ne vadano, e riportare un po' di gente ad abitare questi luoghi non solo per lo spopolamento ma anche per il fenomeno dell'inurbamento, con le città che sono diventate spesso invivibili, con tanta gente che se n'è andata dai piccoli centri, dove era diventato difficile vivere, per mancanza di lavoro e di servizi.
Una delle questioni che stiamo sollevando, anche insieme ad altri soggetti, è quella di riequilibrare questo paese, ricucire e riconnettere città, periferia, territorio e borgo. Dobbiamo ricostituire un unicum, l'Italia è bella per questo, perché ha tantissime diversità, che vanno messe in collegamento tra loro. Dobbiamo permettere alla gente di muoversi facilmente, e di vivere dove vuole, senza essere costretta ad andarsene.
Parlo soprattutto dei borghi montani, sottolineando che la montagna non è solo qui: ci sono borghi in Sicilia a 1.400 metri d'altitudine, che un tempo avevano oltre 10mila abitanti, e che ora sono ridotti a 1.000 abitanti. Pensiamo a centinaia di immobili pubblici e privati che stanno crollando, con una perdita di un patrimonio storico, culturale e di tradizioni che fa dell'Italia il Paese straordinario che tutti conoscono. Il Piano Nazionale di Ripresa e di Resilienza ha messo a disposizione un miliardo di euro, che sembra una cifra enorme, per il Piano Nazionale Borghi. Noi lo riteniamo una specie di “cip” che si mette sul tavolo del poker, una monetina. Credo che questo piano debba avere la finalità di impostare una strategia, perché non si risolvono i problemi dei borghi con un miliardo: pensiamo alla viabilità, alla connettività.
Riconnettere il paese diventa un elemento fondamentale, occorre usare la tecnologia, le strutture e le infrastrutture che sono state abbandonate. Dobbiamo recuperarle per recuperare il senso del paese nella sua interezza, fatta soprattutto di territori e di borghi. La maggior parte degli italiani vive ancora nelle piccole realtà: facciamo in modo che possa continuare a farlo.