Ricordo il percorso fatto con Marco Martalar e con l'amministrazione comunale di Lavarone, sia nel momento in cui è nato il Drago di Vaia, sia nel momento in cui è stato colto da questo evento avverso. Ci deve essere sempre una chiave di lettura che non deve venire influenzata dal momento emozionale stesso. La rete è tanto in grado di rendere famosa un'opera quanto è in grado di regalarci poi una negativa ondata d'urto.
Parlando di turismo delle radici, devo dire che come APT da circa due anni abbiamo iniziato a lavorare sul tema insieme al Comune della Vigolana, e l'approccio è stato quello della delicatezza. Al di là di uno dei nostri mandati, che è di generare flussi turistici, il tema delle radici richiede prima di tutto la conoscenza delle dinamiche che stanno “sotto”. In questo caso parliamo di radici, di persone, di storie familiari caratterizzate anche da momenti di grande tristezza e dall'altra parte, oggi, di giovani che hanno avuto antenati trentini, che vogliono scoprire le loro origini. E a questi bisogna dare dei simboli perché nel loro percorso hanno creato un immaginario di quella che è l'Italia, di quelli che sono i luoghi natali dei loro avi, fatti anche di racconti di seconda mano. Ecco perché i simboli, ecco perché per esempio in Vigolana uno dei simboli che è stato pensato è il “bosco delle radici”. Per rendere queste persone più che semplici spettatrici che vengono a cercare la casa natale del loro trisavolo, per fagli trovare dei luoghi in cui riconciliarsi con il loro passato, in cui creare un cordone ombelicale nuovo con la loro terra di origine sempre partendo, però, dalla considerazione che queste persone sono cittadini di un altro Paese. Non sono italiani, ma brasiliani, argentini e via dicendo. Questo richiede anche di andare in questi luoghi, e quindi di capire davvero cosa oggi è Nuova Vigolo, cosa è Nuova Trento, per scoprire che lì parlano italiano, che ci sono delle associazioni trentine, per capire insomma che c'è un mondo con il quale dobbiamo riconnetterci. Nel fare questo, il compito di un APT è quello di costruire le giuste dimensioni. Lo diceva Martini: il turismo di qualità è proprio questo, non farsi portare dall'ansia di avere un risultato immediato; metterci anche di più, ma creare dei flussi di soddisfazione per chi arriva e per chi risiede. È anche l'occasione per fare scoprire ai trentini cosa è stato il momento delle grandi migrazioni.
Il simbolo diventa anche uno strumento per far conoscere luoghi non molto conosciuti, di portare non solo l'ospite che arriva da lontano ma anche il trentino a conoscere nuove aree. L'altro tema è sempre quello di condividere questi passaggi con chi vive in questi territori, un altro aspetto molto delicato al quale dobbiamo portare sempre più attenzione. Tutto quello che facciamo e decidiamo deve avere come primo destinatario il residente, portando a lui la ragione per la quale facciamo queste cose, essendo peraltro lui il primo ambassador.