Stavo segnando sul calendario il fatto che condivido quasi tutto su quello che dice Federico Samaden. Di solito questo non succede. Condivido tutta la parte iniziale, sui giovani, sulla fatica della scuola a stare al passo con le esigenze dei giovani, perdendo di vista altri punti importanti.
Ho letto nel programma che si parla di “Manodopera qualificata”: inviterei tutto il mondo a togliere questa parola “manodopera”, la trovo svilente. Parliamo di collaboratori qualificati, di professionisti. Se vogliamo dire che questo mondo accoglie professionisti, non dobbiamo dire che accoglie manovalanza. Il linguaggio è molto importante.
Agganciandomi a quello che diceva Federico, abbiamo una grande sfida. Un recente sondaggio europeo dice che il 70% dell'apprendimento è on the job, il 20% è social learning; il 10% è formal learning. Siamo fermi a questo 10%. Se non partiamo da questo assunto, per cui gli apprendimenti sono cambiati, e dal riorganizzare come facciamo scuola, diventa difficile stare al passo con i tempi. È un'autocritica ma anche uno stimolo per lavorare in una certa direzione, che, come Enaip, stiamo intraprendendo in questi tre anni, con un laboratorio di sviluppo e di ricerca sulla nuova metodologia didattica.
Altro aspetto interessante è che le aziende chiedono sempre più tecnici e meno operatori, con sempre più specializzazioni sul processo e non sul prodotto. Nelle scuole dobbiamo lavorare meno sul prodotto, più sul processo. Sono tutte suggestioni che in Enaip stiamo affrontando, coordinando cinque scuole alberghiere. Come ha detto chi mi ha preceduto, effettivamente l'impianto della formazione professionale va rinnovato. Parlando come prima di tecnici, dobbiamo immaginarci ormai una scuola quadriennale. Un aggancio a un'alta formazione lo vedo benissimo, e lì vedo l'apprendistato: qui sono un po' in disaccordo con Federico. I percorsi di apprendistato funzionano benissimo quanto l'età dei ragazzi sia alza. Se immaginiamo un percorso di filiera professionalizzante di quattro anni più due anni di alta formazione, in apprendistato, vuol dire che i ragazzi sono già nelle aziende; ridurremmo drasticamente anche il mismatch. che ormai in questi anni è un grido di dolore. Questo, secondo me, è uno schema praticabile. Ci vuole un po' di coraggio, politica e associazioni di categoria che credano nel modello. Il punto di partenza è molto buono, ma non possiamo accontentarci su quello che abbiamo. Non mi fermo poi sul work life balance, altro aspetto importantissimo.
Come facciamo ad attirare i ragazzi in questo settore? La scuola può descrivergli le robe più interessanti, poi il primo giorno di tirocinio i ragazzi “hanno battezzato il settore”. E qui mi aggancio al concetto di impresa formativa. Un marchio per le imprese che insieme alla scuola co-progettano, co-valutano e co-apprendono. Nella IeFP (nei percorsi di istruzione e formazione professionale), come nell'alta formazione, abbiamo una buona parte di apprendimento che è in azienda; e per la prima volta nell'IeFP c'è un'equivalenza formativa; l'apprendimento a scuola vale tanto quanto quello in azienda. E troppo spesso ce lo dimentichiamo. Parlo di un percorso fatto insieme, in cui l'azienda formativa rispetta i requisiti, fa un percorso insieme alle scuole, così da avere anche un rapporto migliore tra scuola e azienda, con un tutor formato e con aziende che credono in questo tipo di investimento. Sono sicuro che i tempi siano maturi, perché c'è l'esigenza da entrambe le parti. Parlo quindi di piccole azioni concrete, come l'azienda formativa; l'impianto sul sistema è un po' più complesso, ma penso che sia maturo e pronto.
Poi un'ultima cosa, l'intelligenza artificiale: la grande sfida della scuola è anche la gestione della IA. Ci sono qui tre grandi sfide, ovvero educare all''intelligenza artificiale, educare ad apprendere con l'intelligenza artificiale e infine educare l'intelligenza artificiale.