Sappiamo che oggi in Trentino abbiamo un problema di retribuzione, in generale, in qualsiasi settore; perché abbiamo delle retribuzioni che non permettono di sopperire a quelli che sono gli aumenti dell'inflazione e dei costi. È un problema generalizzato. Certo, il turismo ha un problema ulteriore: ha delle retribuzioni mediamente basse, e ha anche la stagionalità, che va a ridurre quanto io riesco a percepire. Credo che da questa situazione, lo dico da ormai molto tempo e sono quasi stanco di sentirmelo ripetere, si esca solo se ci si mette su un tavolo insieme; non si trova una soluzione con una contrapposizione; non se ne esce dicendo che è “tutta colpa dei datori di lavoro”. Alcuni la colpa ce l'hanno, alcuni sono più bravi, alcuni meno bravi. Alcuni, come giustamente ha detto Andrea, hanno l'albergo nella posizione ideale; in quel caso non è detto che ci sia un bravo imprenditore, ha solamente la fortuna di avere una struttura in un posto ideale.
Forse quello che dovremmo fare è ragionare non più a comparti, ma iniziare a dire che il Trentino nel suo complesso dovrebbe essere un territorio attrattivo, in cui l'accoglienza è il valore aggiunto. Dovremmo quindi ragionare su come tutelare l'ambiente, su come migliorare i trasporti, su come risolvere i problemi relativi alle case, a non fare un impianto di risalita ogni buco che abbiamo, in ogni montagna.
Non sono neanche convinto che si abbia la necessità di avere questi grandi alberghi a 5 stelle; credo che abbiamo bisogno di ripensare il nostro modello di turismo, e lo possiamo fare probabilmente anche chiedendo ai giovani quale idea hanno loro di turismo. Perché, se andiamo avanti con un modello del turismo di domani fatto dalle vecchie generazioni, forse stiamo sbagliando. Sono convinto che i giovani siano la risorsa che noi abbiamo a disposizione. I giovani che ci sono oggi saranno lavoratori dipendenti, ma magari saranno anche imprenditori, magari faranno carriera nella politica. In tutti i casi, sono il futuro di una terra. Un territorio piccolo come il nostro non può permettersi di perdere ogni anno i giovani perché non trovano opportunità di lavoro. E non è solo la retribuzione il problema; è uno dei punti cardine, perché se non ho quello che mi permette di costruire una famiglia o una prospettiva, vado sicuramente altrove.
Ma guardare oltre vuol dire anche avere un territorio che mi dà servizi, che mi dà una casa, che mi dà l'autonomia di creare una famiglia; e che mi dà anche la valorizzazione del lavoro, che è sì retribuzione ma anche conciliazione, per trovare soddisfazione e crescita professionale. Sono convinto che il turismo è un settore che può dare molta soddisfazione a tutti i lavoratori; credo che le imprese dovrebbero valorizzare non solo i dipendenti diretti, ma anche gli altri. Ci si concentra su camerieri e sugli chef, ma bisogna pensare anche a chi fa l'accoglienza, a chi si occupa della sistemazione delle stanze, che magari non è un dipendente diretto, è in appalto. Anche loro hanno una dignità e devono essere valorizzati.
Come detto, penso che se ne esca solo trovando un patto tra tutti gli attori coinvolti: gli imprenditori, la politica (che non crea lavoro, ma che può facilitare), il sindacato e la società. Bisogna soprattutto avere l'umiltà di ascoltare i giovani, per capire quello che vogliono e quello che possono proporre. Sono convinto che noi non abbiamo l'abitudine di ascoltarli, ed è una cosa che non fa bene né a loro né a noi. Loro dovrebbero forse avere un po' più il coraggio di pretendere di essere ascoltati; le nostre generazioni lo chiedevano, anche se magari in maniera sbagliata; oggi i giovani, invece, non chiedono con insistenza di essere ascoltati. Però credo che abbiano una visione chiara di quello che vogliono: sta a noi provare a coinvolgerli un po' di più.