Faccio parte della generazione di chi faceva la stagione in estate, durante la scuola. Era normale, oggi non lo è più, e poi dirò il perché, secondo me. Quello era il modo di avere soldi da spendere. Non si facevano colloqui di lavoro, si lavorava dal 20 giugno al 3 settembre, senza pause: questo era il modo di fare stagione nel turismo.
Poi ho fatto una stagione a Londra, e l’ho vissuta non più come stagione, ma come lo sviluppo di una professione. Ai tempi non tutti parlavano inglese: ho iniziato così a vendere questa conoscenza, questa mia professionalità, sul lago di Caldonazzo, dove c’era per lo più una presenza estera. Ho fatto alcuni colloqui di lavoro, e alla fine prendevo quasi due volte e mezzo uno stipendio normale.
Oggi non c’è più questo, per una serie di motivazioni. Non perché i giovani non vogliono lavorare, non perché non vogliono più fare quel lavoro. Perché i giovani sono di meno, per l’inverno demografico; perché il giovane può fare stagioni anche a Trento, senza spostarsi a Canazei, in supermercato, con degli orari dignitosi. Il turismo deve competere con il fatto che ci sono altre opzioni.
Ieri Walter Nicoletti ha detto che “sappiamo quali sono le criticità”. Avremmo bisogno di innovatori. Il Trentino deve prendere delle decisioni che non devono essere sul medio e lungo periodo; devono essere qui, adesso, domani. Quando ci sono alberghi che decidono di cambiare l’organizzazione del lavoro e che sono stati costretti a diventare B&B per mancanza di personale, è ovvio che ci deve essere un confronto ampio, costruttivo, che porti a un punto che permetta di prendere nuove decisioni. La nostra responsabilità, come associazioni datoriali, come associazioni sindacali, come politici, è anche quella di prendere delle decisioni che scontentano, perché bisogna mettere un punto.
La passione è traditrice: il rischio di lavorare unicamente per passione è quello di concentrarsi poi eccessivamente sul lavoro. I giovani cercano giustamente un equilibrio con altri interessi, con il lavoro che può essere un pezzo della vita. Va riscoperta anche la passione del confronto.
Da presidente di un ente bilaterale del turismo, qualche anno fa, avevo detto scherzando che ogni lavoratore del turismo dovrebbe essere una filiale dell’Apt, essere cioè in grado di comunicare il territorio. Avevamo fatto anche un accordo con la Sat per fare degli eventi sul territorio, aperti ai lavoratori e ai residenti, per saper comunicare il territorio al primo approccio con il turista.
Da dipendente, prima di fare il sindacalista, sono sempre stato un lavoratore dipendente, ma mi sono sempre sentito come un libero professionista che mette a disposizione dell’azienda una professionalità e che si fa pagare di conseguenza, in un rapporto franco. La grande sfida con le nuove generazioni è anche quella di ripensare totalmente ai rapporti di lavoro, una fatica immensa sui cui dobbiamo lavorare; ci sono delle imprese che desiderano dei corsi di formazione per affrontare meglio il cambiamento generazionale, per le difficoltà che stanno affrontando internamente con questo passaggio.
Il Trentino in passato è riuscito a fare contrattazione di frontiera: oggi abbiamo perso questa abitudine di parlarci e siamo tornati un po’ su posizioni lontane dal confronto. Quando si discute di destagionalizzazione – lo si fa dal 2001 – c’è il lavoratore che mi dice che è felice di farsi due o tre mesi di Naspi a fine stagione; e c’è l’albergatore che è felice di chiudere per alcuni mesi. La destagionalizzazione è la soluzione, ma va affrontata con interventi tecnici.
A Bolzano – ho fatto il sindacalista anche in Alto Adige – ci hanno posto questo tema e abbiamo inventato la “stagionalizzazione” dell’Alto Adige. Quando vuoi fare dei contratti stagionali devi infatti avere una chiusura di almeno 75 giorni della struttura, o una somma di due chiusure stagionali di 120 giorni. Senza questi stop non puoi fare contratti stagionali. Alcune aziende desideravano spingere un po’ di più la stagione, allungarla, ma senza perdere i contratti stagionali. Abbiamo quindi fatto con una forzatura normativa, con gli alberghi che possono chiudere per 55 giorni senza perdere la possibilità di offrire dei contratti stagionali: abbiamo dato quindi 20 giorni di prolungamento.