Il Trentino è uno spazio all'aperto
Vorrei partire agganciandomi a quando detto dalla professoressa Giacomoni, per dire che sì, la montagna deve diventare il laboratorio d'eccellenza per un nuovo modello di sviluppo. Concepire la montagna come un luogo ipermoderno significa sostanzialmente questo. Il problema è che - collegandomi anche al concetto di “nonluogo” citato da Bianchi e facendo leva sulla mia esperienza nell'informazione sul lato turistico - per il nostro territorio è sempre più difficile fare un racconto di montagna. È uno spazio sempre più omologato, sempre più asservito a una logica urbana e di pianura. Penso all'omologazione architettonica ed edilizia, ai grandi distretti degli sci che sono sempre più espansivi. Esistono tante problematiche che dobbiamo affrontare se vogliamo far vincere le nostre idee, il nostro modello di sviluppo.
Già vent'anni fa la BITM ha colto dei passaggi di paradigma. L'esperienza giornalistica ci insegna che siamo passati dal paradigma delle prestazioni al turismo delle emozioni. Oggi nessuno ci dà torto da questo punto di vista. Abbiamo scoperto il valore della vacanza attiva, il tema della vacanza dell'esperienza, il valore aggiunto del benessere e dello sport, nonché cosa significa la monocultura dello sci. Siamo passati dalla vacanza fordista alla vacanza liquida, viviamo in questa transizione. E in questo passaggio dobbiamo cogliere i punti di forza del turismo outdoor. Da questa prospettiva il Trentino può vantare una grande esperienza, poiché siamo un territorio di transizione da molti punti di vista. Pensiamo all'aspetto climatico e naturale, ma anche all'aspetto storico, che ci vede come una terra con grande capacità di dialogo. Questa capacità dobbiamo usarla anche nel mondo del turismo.
I ragazzi da casa ci scrivono che forse molti turisti che si sono visti sulle montagne quest'estate non erano pronti per vivere lo spirito selvaggio della natura. Direi però che non possiamo prendere l'estate come un fenomeno normale: abbiamo visto drammaticamente il superamento di ogni limite, in diverse località. La normalità è un'altra cosa, e dobbiamo sperare di rientrarci presto. Quel che è certo è che dobbiamo segmentare il turismo, rivolgendoci a una tipologia di turista che apprezza il limite, questo è un tema che dobbiamo porre con serietà. Nelle Alpi e in Trentino in particolare dobbiamo accettare questo tema critico, ideologico, ma nel senso buono della parola, dicendo di sì e di no a determinate opere.
Dobbiamo poi capire che il nostro problema non è infrastrutturale, è organizzativo. Quello che chiedono gli attori dello sviluppo è organizzare le filiere locali, attraverso un'organizzazione partecipata, in cui il turismo venga visto come attore fondamentale per lo sviluppo sostenibile. Questa costituisce una leva molto interessante. Di solito usiamo queste parole per l'agricoltura, ma è giusto anche dire che difenderemo l'ambiente con il turismo, un turismo che fa tesoro della tradizione e che si rinnova su un'idea globale.