Smart working e telelavoro, partiamo dalle basi
Parlando di smart working, a mio avviso ci sono due due temi che sono fondamentali. Prima di tutto è bene sottolineare che la tecnologia è uno strumento abilitante, ma che però resta uno strumento. Poi c'è la questione della cultura e della formazione delle persone, e in questo sono pienamente d'accordo con quanto detto da Alessandro Garofalo.
Partendo da qui non possiamo non fare il punto della situazione rispetto ad oggi, al di là della normativa in generale: quello che abbiamo visto è che la pandemia ha dato da una parte un'accelerazione a queste nuove forme di organizzazione, che sicuramente sono il futuro e rappresentano una grandissima opportunità; dall'altra parte però ha appesantito tantissimo l'idea che aziende e lavoratori si sono fatti sullo smart working.
C'è stata principalmente una difficoltà psicologica nel dover vivere tutti chiusi in casa. In alcune situazioni questo non ha fatto altro che mettere in luce le diversità culturali, di attrezzatura, di risorse e di disponibilità che c'erano tra le persone. Se non ci fosse stata l'epidemia, se non ci fosse stato il lockdown, saremmo arrivati a queste modalità di lavoro molto più lentamente. Non ci sarebbe stato però questo appesantimento psicologico.
Partendo da questo presupposto è molto importante chiarire cosa è lo smart working e cosa è il telelavoro, perché forse questo dal punto di vista culturale può sollevare un po' gli animi. In effetti si è parlato erroneamente di smart working in riferimento a quello che abbiamo vissuto durante il lockdown. Ma quello era semplicemente telelavorare. Anche a livello normativo queste modalità di lavoro sono regolamentate in modo diverso. Parlare di smart working significa parlare di lavoro agile, mentre il telelavoro descrive semplicemente lo spostamento del luogo in cui si esegue l'attività professionale dalla sede a casa. Le due cose sono molto differenti.
Lo smart working è caratterizzato dall'assenza di vincoli di orari. Questo come sappiamo non accade nel telelavoro. Nello smart working non ci sono nemmeno vincoli spaziali, con una flessibilità completa non solo sul tempo, ma anche sullo spazio. Quindi il lavoro può essere fatto da qualsiasi luogo, anche per l'appunto in villeggiatura. E qui possiamo togliere l'ansia legata all'essere non dei nomadi digitali, quanto dei seduti digitali in casa. Io stessa in luglio mi sono trasferita per un mese in una località trentina dove ho deciso di passare le vacanze, da dove ho potuto in parte lavorare e in parte vivere la mia villeggiatura.
Dal punto di vista normativo, tra l'altro, il telelavoro è semplicemente una modalità che si può porre in essere attraverso un accordo privato tra azienda e lavoratore, niente più di un documento scritto. Lo smart working è invece normato da una legge specifica di riferimento, la legge 81 del 2017, la quale detta le condizioni di questo lavoro agile. Ha detto bene Stefano Quintarelli nel ricordare che “c'è poca normativa”, perché è vero che la legge 81 ci parla di flessibilità di orari e di spazi, senza però creare un vero e proprio contratto ad hoc. Tutto quello che è il trattamento economico, tutto quello che sono i vincoli orari della collaborazione resta ancora oggi collegato al contratto di riferimento.
La sfida futura sarà quella di gestire la flessibilità che lo smart working porta, una grande sfida di riprogettazione da parte di tutte le categorie, dalla quella politica a quella delle imprese.